Umberto Scida, il visibile
Conversare con Umberto Scida significa attraversare il mondo del teatro musicale.
Garbato ed estroso Umberto Scida è un artista poliedrico; il suo estro attraversa la recitazione, il canto, il ballo senza mai tralasciare l’aspetto registico e coreografico.
Il suo incontro con il mondo della musica comincia in tenera età ma la consapevolezza delle sue capacità coincidono con gli anni dell’Università come lui stesso ci racconta in una amabile conversazione.
La sua dizione perfetta e la vitalità dei suoi occhi, accompagnati dalla mobilità del suo viso, vivacizzano il nostro incontro. Mi limito a lanciare alcuni spunti e lui si racconta con generosità.
Il tuo incontro con l’arte tu artista poliedrico.
Se tralasciamo l’approccio allo studio della fisarmonica e del pianoforte in età infantile, la “folgorazione” posso considerarla in età universitaria. Mi resi conto che amavo esprimere il mio mondo interiore cantando. Un mio carissimo amico d’infanzia diventato un bravissimo pianista, mi disse che avevo una voce molto interessante e mi incoraggiò ad esplorarla. Da lì, dopo aver iniziato a cantare con lui nei jazz club, attraverso tante esperienze intermedie, arrivai alla Bernstein School of Musical Theater: la Borsa di Studio mi consentì di frequentare e terminare gli studi nel ’97 ed iniziai la carriera nel mondo del Teatro Musicale. Mondo che non avevo mai contemplato, nei miei sogni sul futuro: pensavo a me come cantante, amavo lo swing ed il jazz, mi stavo già creando uno spazio di tutto rispetto in quest’ambito. Ho portato avanti le due strade contemporaneamente: lo swing ed il jazz, da una parte, ed il musical e l’operetta dall’altra.
Per un artista con la sua verve il rapporto con il pubblico da un lato e con i giovani nella sua attività di docente è fondamentale, così mi chiedo incuriosita, come ha trascorso quest’ultimo anno lontano dal palcoscenico. I suoi occhi scuri e mobilissimi si sgranano quasi a ricercare dentro di sé le parole giuste per tradurre le emozioni e la nostalgia.
Ho sempre amato avere un filo diretto col pubblico. Quando, agli inizi di carriera, facevo solo concerti amavo parlare con il pubblico per raccontare che storia ci fosse dietro ad ogni canzone: essendo praticamente tutte in Inglese, volevo che il pubblico le potesse capire conoscendo anche aneddoti sul brano, sull’autore, sugli interpreti più famosi che le avevano cantate. Questa “abitudine” mi è rimasta e alla fine di ogni mio spettacolo teatrale ho continuato a parlare con il pubblico per creare e rinforzare il legame che c’è fra chi è sul palco e chi è in sala ciò anche per sottolineare che chi è sul palco “esiste” in funzione di chi è in sala. Trovo che sia meraviglioso: alla fine di ogni spettacolo ho sempre avuto tanta gente che è venuta a trovarmi nei camerini. Più recentemente, con l’avvento dei social network, specialmente le generazioni più giovani hanno sostituito la visita ai camerini con la richiesta di contatto su Facebook, Instagram, evolvono. Sono molto entusiasta delle manifestazioni di attenzione ed interesse delle persone. Ciò vuol dire che riesco a seminare bene. Il raccolto arriva sempre…
Nelle ultime parole sento la fiamma che arde malgrado tutto e nonostante tutto.
Da un anno Umberto Scida così come tutti gli operatori dello spettacolo da visibili sono diventati invisibili.
Uomini e donne senza volto e senza voce loro che negli anni hanno prestato il loro volto, il loro corpo e la loro voce a mille personaggi.
Lo guardo negli occhi e pronuncio un frase: ” Marzo 2020 e l’inizio della pandemia”
Le sue parole corrono veloci come un fiume in piena:
Beh, si parla dei problemi tragici della cancellazione della quasi totalità degli spettacoli, dei concerti, dei balletti e di tutti gli eventi culturali di produzione e organizzazione privata. Molte Compagnie e società di produzione non saranno in grado di ricominciare la propria attività. Probabilmente, non riusciranno a farlo mai più. Situazione simile per molti teatri privati che, con le restrizioni stabilite, non hanno la possibilità di fare fronte alle spese. Situazione diversa per quanto riguarda i teatri pubblici Fondazioni, che mettono in piedi, comunque, una stagione teatrale seppure con alcune limitazioni. Per quanto mi riguarda, sono riuscito a salvare buona parte del mio lavoro, nella Stagione Estiva scorsa e qualcosa anche in questa stagione invernale che sta terminando.
Ma vivo nell’impossibilità di creare progetti di una certa rilevanza se non a brevissima scadenza. Non essendo solo interprete, ma anche regista ed ideatore di spettacoli, il non poter programmare con un certo anticipo è molto frustrante. L’attività di docenza nelle Accademie nelle Scuole di Teatro e di Musica, poi, patisce, anche se non in maniera drammatica, una diminuzione di iscrizioni, come è comprensibile.
Sono, comunque, in attesa di realizzare progetti importanti che slitteranno, sicuramente, a questa Estate se non, addirittura, alla stagione invernale ‘21/’22.
Contrariamente a quanto i mezzi d’informazione dicono da un anno i teatri e le sale da concerto sono luoghi assolutamente non pericolosi, per il semplice fatto che la regolamentazione degli accessi e l’attuazione delle norme anti-contagio sarebbero di facilissima applicazione. Per la loro struttura architettonica, questi luoghi consentono di regolare ed incanalare le entrate e le uscite molto meglio di quanto non avvenga in stazioni, aeroporti, supermercati. Inoltre l’obbligo di mantenere la mascherina durante la rappresentazione ed un distanziamento meno grottescamente drastico di quello attualmente imposto consentirebbero di non mettere in ginocchio un settore enorme che muove un fatturato dalle dimensioni impressionanti e dà lavoro a centinaia di migliaia di persone. Questo, se vogliamo guardare il lato meramente economico, che è quello che il cittadino medio considera e che pensa assolutamente in torto che sia un tallone d’Achille del nostro settore. Su un altro piano meno arido e finanziario si salverebbe un Paese che è sull’orlo del baratro e dell’abisso culturale.
La giornata mondiale del teatro fu istituita nel 1961 a Vienna nel corso del IX Congresso mondiale dell’Istituto Internazionale del Teatro e così da allora ogni anno nei teatri e nei centri culturali di tutto il mondo risuona un unico messaggio affidato a una personalità della cultura mondiale per testimoniare le riflessioni vive sul tema del teatro e della cultura della pace.
Quest’anno in Italia questo giorno ha assunto una valenza diversa e forse più pregnante carica di aspettative risolte in cocenti delusioni.
Umberto Scida il visibile come ha vissuto le dichiarazioni del Ministro
Adesso il suo viso si contrae e con la sensibilità che contraddistingue gli artisti di “leggere” la realtà così risponde:
Quando il Ministro Franceschini ha fatto questo annuncio posso confessare che la mia mente è stata invasa dai pensieri più diversi: lanciarsi in un’affermazione del genere denota uno scollamento dalla realtà non indifferente.
Come si può dire di dire che il 27 Marzo i teatri che sarebbero stati in ZONA GIALLA avrebbero potuto riaprire?
Quale direttore di teatro poteva sapere in che zona sarebbe stato con un mese di anticipo?
Come si può pensare di organizzare uno spettacolo o un concerto o un balletto investendo denaro impegnando artisti e maestranze e poi magari il giorno prima essere costretti a disdire.
L’uomo medio crede che un teatro sia come un negozio che alza la saracinesca e ricomincia a vendere ciò che ha nel retrobottega.
Se questa è la percezione dell’uomo comune non mi meraviglia perché non tutti conosciamo le dinamiche delle professioni altrui.
Ma l’ approccio del Ministro per i Beni e le Attività Culturali mi ha sorpreso moltissimo essendo l’esponente delle Istituzioni a cui noi dello spettacolo facciamo riferimento .
Non saranno sicuramente i sussidi promessi o la scelta di continuare a lavorare attraverso il Web a ridare slancio ad un settore che l’emergenza sanitaria ha trasformato in emergenza culturale .
Cerco di distrarlo da pensieri cupi che leggo attraverso le rughe che si sono formate sulla sua spaziosa fronte parlando della nuova formula intrapresa dai teatri per continuare il dialogo con gli spettatori.
Il Teatro è per definizione una manifestazione artistica che si gusta dal vivo. Ci sono già forme di espressione artistica che si realizzano e si manifestano attraverso altri strumenti quali il cinema o la televisione. Io stesso quest’Inverno ho preso parte a rappresentazioni di concerti/spettacoli registrati in teatro e mandati in streaming: ma erano un tipo di rappresentazione che, per la loro natura, potevano prestarsi a questa soluzione.
L’importante è che resti un espediente assolutamente temporaneo. Perché questo non è Teatro.
Umberto Scida è il simbolo di una categoria.
Umberto Scida è la voce dello spettacolo che grida il suo dolore.
Umberto Scida non è un invisibile.
Umberto Scida è il nostro “grillo parlante” .