Furto 23 – L’ospite invadente
Le aveva proprio provate tutte. Ma nulla. L’ospite invadente, così chiamava il suo problema, non accennava a lasciarlo in pace.
Era stata sua madre, da piccolo, a inaugurare la lunga affollata sagra degli esperimenti. Ma nulla. Neanche lei ce l’aveva fatta. Strano a dirsi, le mamme non sbagliano, non falliscono, hanno intuito per queste cose.
Crescere è maturare, maturare è cambiare, cambiare è crescere, è un circolo vizioso. E più lui cresceva più la responsabilità dell’ospite invadente diventava sua, esclusivamente sua, nient’altro che sua.
All’università scelse medicina – non a caso. In meno di quattro anni e ventidue esami capì che il naturale meccanismo fisiologico del corpo umano, dei suoi organi, dei suoi apparati, era una grande gigantesca cazzata. I libri parlano di medie, standard, parlano di normalità. Parlano e basta, appunto. Così decise di lasciare.
Gli anni passavano lenti e l’ospite invadente era sempre lì, a fargli compagnia – che compagnia del cazzo.
Fu in una caffetteria che lesse:
“Liberatevi da ciò che vi angustia. Andate oltre i confini del noto, sperimentate. Oggi Giove è in Toro. Oggi è il giorno giusto.”
E pensare che lui agli oroscopi non aveva mai dato retta.
Ma così fece. Corse verso la sua bicicletta marrone, montò su e iniziò a pedalare forte. Direzione casa. Era necessario annotare tutto per evitare perdite di tempo e inutili ripetizioni. Serviva il suo taccuino.
Primo tentativo. Prima fermata. La più razionale, la più logica: la farmacia.
Ci volle poco a spiegare il problema ed ecco le prime soluzioni.
Provò.
Non servì a nulla.
Secondo tentativo. Seconda fermata. Altrettanto logica, altrettanto razionale: il medico. Annotò che forse doveva essere questa la prima. Ma forse era scottato dagli anni di studio, dai quasi colleghi. Troppo tardi.
Ci volle più tempo a spiegare il problema. Annotò che durante la notte avrebbe dovuto scrivere una sintesi del problema, con una chiara e pulita descrizione dell’ospite invadente.
La fermata numero due rimandava alla fermata numero uno, farmacia, e alla fermata numero tre.
Nessuna prova.
Non servì a nulla.
Terzo tentativo. Terza fermata. Ancora logica, ancora razionale: l’ospedale.
Non spiegò il problema, ci aveva pensato la fermata numero due.
Solita diagnosi: ospite invadente.
Nessuna prova.
Non servì a nulla.
Quarto tentativo. Quarta fermata. Ai limiti della logica, ai limiti del razionale: la palestra.
Lesse la sintesi preparata dopo la fermata numero due.
Movimento, esercizi, respirazione.
Provò.
Non servì a nulla.
Quinto tentativo. Quinta fermata. Bando alla logica. Bando al razionale: il ferramenta.
Lesse ancora. Questa volta fu necessario aggiungere qualcosa a braccio. Spiegò il problema, venne buttato fuori. Cazzo.
Nessuna prova.
Non servì a nulla.
Sesto tentativo. Sesta fermata. Salto indietro nella logica. Ritorno al razionale: la libreria.
Non spiegò il problema. Fece da solo. Cercò manuali, saggi, libri di ogni genere.
Sezione racconti. Gli serviva una storia simile alla sua, un uomo o una donna con l’ospite invadente.
Un ragazzo con la barba intralciava il passo – piccole librerie del cazzo.
‹‹ L’hai mai letto questo? ››
Col poco tempo e la scarsa pazienza ci mancavano solo le domande di un ragazzobarba.
‹‹ L’ospite invadente… no, non mi sembra.››
‹‹ Meglio. Questo racconto fa cagare.››
‹‹ Fa cagare?! Cazzo. Lo compro.››
Foto 1 di Andrea Piacquadio da Pexels
Foto 2 di Dulce Espinoza da Pexels
Foto di copertina di cottonbro da Pexels