La sindrome dell’impostore
Un libro che ho letto recentemente parlava della sindrome dell’impostore; una teoria psicologica secondo cui molti di noi, spesso e volentieri non riescono a interiorizzare i propri successi e anzi, trovano ogni qualsivoglia tipo di alibi per sminuire anche un semplice passo compiuto o traguardo conquistato.
Non so quanto questa teoria sia accreditata o riconosciuta, ammetto di non aver approfondito l’argomento, ma anche se avessi letto di più riguardo la sindrome dell’impostore non mi permetterei comunque di elargire lezioni di psicologia o dispensare chissà quale tipo di consiglio. Però ecco, considerando sommariamente la sindrome dell’impostore ho pensato ancora una volta a quante volte, forse troppe, lo specchio nel quale ci guardiamo sia effettivamente molto più opaco di come lo sia in realtà e che, proprio come un impostore ci impedisce di vederci per davvero. Quello che di bello accade nella nostra vita accade sempre per ragioni esterne a noi e al nostro agire: una bella parola detta da qualcuno, un’opportunità, magari quella che capita “a caso” o perché altri non l’hanno colta o voluta cogliere, uno strano allineamento di pianeti che meravigliosamente permette che le cose vadano per il verso giusto, proprio quella volta in cui era necessario che tutto fosse al proprio posto.
Non siamo mai noi, noi che giorno dopo giorno, o talvolta pure in un giorno solo riusciamo a incastrare quello che andava incastrato, per ottenere un buon risultato, anche il più banale, quello che magari ci fa andare a letto con un pensiero sereno: oggi è andata bene, e non siamo noi che cogliamo quell’occasione lasciata sospesa e decidiamo di sfruttarla mettendoci in gioco.
Quando succede che qualcosa va, o sembra andare per il giusto corso – che poi qual è il giusto corso ancora non lo ho capito, perché forse ogni andamento delle cose è giusto e funzionale, giusto per quel preciso momento della nostra vita – succede a causa di tutto e tutti, ma mai a causa, o meglio dire per merito nostro.
E dico merito perché anche nelle più piccole imprese quotidiane ci siamo noi a mettere un piede davanti l’altro, quel piede che in un modo o nell’altro ci fa andare sempre avanti e pure indietro se necessario, ma no, non per prendere la rincorsa come diceva qualcuno, ma per comprendere quello che ancora non avevamo compreso, per vedere quello che forse non avevamo messo a fuoco e per andare avanti con più convinzione. Noi, in nostra compagnia. Ecco tutto ciò il famoso impostore lo occulta e quando invece qualcosa, di quel famoso corso delle cose non procede come doveva procedere o come speravamo che procedesse eccolo lì, l’impostore che ci fa pensare che le nostre qualità e i nostri sforzi non sono mai abbastanza: “avrei potuto fare cosi” “avrei potuto dire così” “gli altri lo avrebbero fatto meglio” “avevo ragione a pensare che non ce l’avrei fatta” “chissà cosa penseranno gli altri” “perchè sono fatto in questo modo?”
L’impostore genera domande ma poche risposte, quelle le dobbiamo trovare noi e sono proprio quelle che farebbero la differenza.
Avrei potuto fare così: sentivo di dover fare come ho fatto.
Avrei potuto dire cosi: quello che ho detto rispecchiava il mio pensiero in quel preciso momento.
Gli altri avrebbero fatto meglio: gli altri avrebbero fatto a modo loro come io ho fatto a modo mio.
Avevo ragione a pensare che non ce l’avrei fatta: cosa penso quando invece ce la faccio?
Chissà cosa penseranno gli altri: a me non sembra così strano quando qualcun altro sbaglia.
Perchè sono fatto in questo modo?: perché non sono fatto in altro modo.
Ah, se la pratica fosse semplice come la teoria chissà quanti ipotetici impostori sarebbero già sconfitti…. Ma questo non è un buon motivo per non continuare a cercare di guardarci in quello specchio che ci riflette per davvero, con giusti meriti e talvolta demeriti di vita. Giusto?
Crediti immagini: sito Unsplash
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Kawin Harasai