Pometrò, parole per il teatro: Maria Di Massa
Pometrò è uno spazio aperto, un luogo libero per gli autori, gli scrittori e i poeti di “Poesie Metropolitane”. Una rubrica dedicata “Alle parole per il teatro”: opere inedite: una poesia, un componimento in prosa, un racconto oppure una sceneggiatura che possa essere pensata per il teatro.
Armati di bellezza e poesia, ci auguriamo che questa rubrica possa essere un momento di fuga e di riflessione e di distacco dal cumulo informativo dal quale siamo bersagliati ogni giorno e al quale siamo soggetti.
Oggi vi presentiamo: Maria Di Massa
Biografia: nasce a Gragnano, in provincia di Napoli. Appassionata di teatro, è anche impegnata in varie associazioni no-profit in merito alla violenza sulle donne e sui bambini. Femmena, la sua poesia, vince un concorso letterario curato da un suo caro amico. Scrive per dilettarsi e trascorre le sue giornate con il marito e i figli.
Opera:
FEDORA
Sono le cinque di una mattina fredda ed uggiosa, la sveglia fa il suo dovere, il suono è stridulo, assordante, irritante. Fedora, infastidita e assonnata, allunga la mano e la spegne. Deve alzarsi per forza. L‘aspetta una lunga giornata faticosa e stressante. Fedora è una bella donna, sui quaranta, ma trascurata, sciatta e trasandata, ha un marito e cinque figli da curare e seguire. E sola, con tanta gente intorno, non ha tempo, per niente, neanche per se stessa. Il marito , dipendente comunale, non la guarda più, la offende, la umilia, è meno di zero per lui, la tradisce. Lei, l‘altra, è curata, più giovane, sa parlare, sa porsi. Fedora sa tutto, soffre in silenzio, non osa ribellarsi, non può, non ha possibilità economiche sue, ma soprattutto non ha la forza morale, è avvilita e scoraggiata. I figli, tre maschi e due femmine, la trattano come uno straccio e lei niente, non osa ribellarsi, non può. Non ha mai potuto studiare, la sua famiglia non ne aveva i mezzi, doveva lavorare come domestica nelle case degli altri. Poi ha incontrato il marito, poco attraente, volgare e goffo, ma che le poteva dare una vita migliore, ma non è stato cosi, sempre in un angolo a subire tutto da un uomo violento, padrone anche dei suoi pensieri. Pensieri, che lei può esprimere liberamente in cantina, in una stanza segreta che solo lei conosce e che ha trovato per puro caso, spostando un vecchio quadro, dietro di esso ha scoperto un congegno che apre una porticina. Fedora entra stupita in quella stanza, si guarda intorno pensando di vivere in un sogno. Tra le poche cose che ci sono il suo sguardo viene attratto da una foto appoggiata sul ripiano di una piccola scaffalatura, la prende con mani tremanti e vede una bellissima e sorridente ragazza, gira la foto e vi legge una data: 5 aprile 1942 e una scritta: “L‘incubo è finito, fra poco usciremo di qui, essere Ebrei non sarà più un marchio infamante.” Da questo si rende conto che in quella piccola stanza si era svolto il dramma di una famiglia ebrea scampata alla persecuzione nazista. Quella stanza diventerà il suo rifugio, quando avrà finito di piangere tutte le sue lacrime dove poter sognare e fantasticare una vita migliore. Da quando non indossa un vestito nuovo? Da quando non va dal parrucchiere? Non se lo ricorda più. Neanche un piccolo gesto di affetto, niente, lei è invisibile, non esiste, o meglio, esiste solo come governante. Vanno e vengono i giorni, tra il mercato, i panni da lavare e stirare, la casa da riordinare. Ma appena può scrive sul suo diario pagine accorate che nessuno mai leggerà, nessuno mai saprà quanto amore potrebbe dare Fedora, perché nessuno mai glielo chiederà, E‘ notte, dormono tutti, Fedora scende in cantina, nella sua stanza segreta per scrivere, scrive, scrive, ogni cosa, ogni suo pensiero in compagnia dei suoi desideri che solo lei conosce. Decide di tornare su ma il congegno segreto per aprire si blocca, prova e riprova , non ci riesce, grida aiuto, ma nessuno la sente, nessuno mai la potrà sentire. Resta là, sola, impaurita, rassegnata al suo destino con solo dei biscotti e un po‘ d‘acqua. Passa il tempo, Fedora scrive, scrive su quel grande diario le sue paure, il suo terrore. La cercano, la cercano invano, nessuno sa di quella stanza segreta dove lei finisce i suoi giorni. Passano gli anni, i figli ormai grandi si trasferiscono all‘estero con il padre in compagnia dell‘altra. La casa viene messa in vendita e acquistata da una giovane coppia, lei Corinne, maestra d‘asilo e lui, Alfredo, ingegnere navale.
Tene
Iniziano i lavori di ristrutturazione, trovano la stanza segreta e un corpo mummificato, abbracciato ad un grande quaderno chiuso in una busta. Alfredo prende per sé, sottraendolo alle forze dell‘ordine, il diario di Fedora, lo legge, ne è colpito profondamente, si commuove fino alle lacrime. Ne parla con un suo amico editore, il diario viene stampato e pubblicato, proposto a tanti concorsi, li vince tutti, diventando il libro dell‘anno. Ora è in bella mostra nelle librerie più famose con il titolo “L‘invisibile Fedora“.