Medusa
M
I capelli hanno vita propria, Medusa lo sa. S’intrecciano con le loro bocche spalancate, le lingue sibilanti aspirano e restituiscono il vento della maldicenza. Scomposti e agitati come pensieri sconnessi, i processi sinaptici anche loro funzionano a intermittenza. L’adrenalina non mi bagna più, qualcosa inaridisce i miei processi neurali.
Medusa ti amo, le dice più vicino possibile alle sue labbra: non mi ridurrai il cuore in pietra ti ucciderò un istante prima. Lei poggia la testa sul cuscino ma è uno schianto mentre rammenta ogni parola, ogni sillaba nell’esatta progressione.
Fa rumore l’odio masticato e poi sputatole contro, avverte il freddo della lama, anche se non la vede.
La sera si schiude sul letto come una corolla. Appassire è più facile, è esangue la pelle perché la paura scolora e l’amore si disperde attraverso i pori, dilata le pupille, risveglia gli assoni.
All’inizio vieni le aveva detto, vieni che t’insegno la libertà tra le ciminiere con la loro collana a scacchi rossi e bianchi, vieni che t’insegno a ballare, chiudi il cappotto sul collo, nessuno deve pensare che io ostenti la mia donna, la piega del seno è solo delle mie dita e delle tue lacrime. È solo una ruga profonda.
La libertà? È uno spago che avvolge materassi da srotolare su pavimenti di case di campagna, è il nome di una cameriera che ricorda un periodo scomodo della tua pubertà.
Il ballo è terremoto, il laccio stringe e si chiama catena e come a un cane accorci e stringi.
All’inizio lui stava ore e ore fermo sul marciapiede di fronte e la guardava, lei sentiva il suo sguardo attraversare i muri. Paziente immobile una statua. Non è normale aveva sospirato qualcuno, è amore aveva sussurrato lei. Si erano stretti, stringere troppo soffoca.
Medusa promette piange si umilia, prova a ingoiare la lingua, si appoggia alle pareti.
La sera non si sogna più, si aspetta.
Sulla pelle sono fiorite cicatrici che ricordano cerniere di carne, sembro già il mio sacco mortuario. La sera il mio nome mi rimbomba nella testa, il mattino dopo non so più come mi chiamo. Erano in tante a volerlo, lui voleva me. L’amore finisce non appena si serrano le porte, e tu rimani incastrata tra l’uscio e la voglia di scappare.
Mi ucciderai in silenzio o urlerai il mio nome nella notte?
Affonderai il coltello, sillaberai andrai a capo e ricomincerai
Maiuscole divengono stille di sangue liquido rosso.
Il corpo è rotto come un endecasillabo sciolto.