La vita assente
“Che gioia! Che divertimento! Sono stata davvero felice, le gambe si muovevano al ritmo di samba, flettevo ben coordinata ginocchia e braccia, i capelli sciolti e la brezza dell’aria calda che veniva dal mare sembrava fiato di felicità! Il corpo ha bisogno della musica per stare in equilibrio e per liberare i pensieri che sciolti scivolano nel mare delle identità! Avevamo tutto: sole, mare, umido, alberi, terra rossa e nera (lì, verso Sud), montagne e pianure dove stanchi riposavano gli esuli…”
Maria racconta la sua storia da anni, sempre la stessa, aggiungendo però ogni volta qualcosa di nuovo. Ad esempio, nell’ultima versione racconta di lei, lei Maria, che s’incarna nell’identità di un professore cileno originario della Regione di Los Ríos (Valdivia) rifugiato a Cuba a causa di una disillusione d’amore, un certo Lautaro Quintero un atletico scienziato inventore di una scatola procreatrice di nuove idee, per un Nuovo Mondo. La sua invenzione più riuscita era una magica apparecchiatura a forma di cinepresa cilindrica che proiettava idee creando immagini efficaci a combattere l’infezione di vuoto emozionale terminale, secondo i suoi studi e ricerche, una malattia infettiva che avrebbe poco a poco distrutto l’intera umanità… “Quel giorno nevicava, non dormivo da giorni, avrebbero potuto arrestarmi o rubare tutta la mia ricerca, nascondevo le carte che avevo finito di leggere dietro una finta parete di cartongesso, mentre fuori quelle parole nuove, semplici, ma rivoluzionarie venivano già cantate da..”
Quando le faccio notare che il genere maschile non corrisponde alla sua realtà mi risponde di essersi confusa, “Hai ragione, vero, vero, che stupida che sono!” ammettendo così l’errore ricomincia a bere gin e a fumare, seccata e indispettita!
“Aveva ragione lui, dovevamo ribellarci! – continua – Dovevamo gridare, scappare, correre. L’assenza quella volta era reale, visibile, potevi percepirla in ogni istante come la possibilità per una sostanziale svolta. Accidenti! Accidenti! Altro che fantasia! – Maria si agita quando più persone ascoltano la sua storia, troppa folla la mette in agitazione, così le ultime parole spesso si trasformano in sussurri, bisbigli, solo io e il mio vicino riusciamo a sentire… “Avremmo potuto creare una realtà nuova se solo fossimo stati uniti. L’invisibile tracimava dalle sponde del tempo e noi, stupidi!, invece di andargli incontro chinavamo la testa per guardarci la punta dei piedi. Quella notte sono stata davvero felice, le gambe si muovevano al ritmo di samba, flettevo ben coordinata ginocchia e braccia, i capelli sciolti e la brezza dell’aria calda che veniva dal mare sembrava fiato di felicità!” Come lapilli infuocati, Maria seminava la terra con la sua rabbia.
La mia storia con Maria è una giostra di passioni, io sono il suo rifugio, la sua tana, le nostre vite sembrano vivere mondi scollegati eppure in questa grande babilonia io per lei costituisco il suo “Buen Retiro” uno spazio sicuro, riparato, affidabile e certo, dentro cui ogni realtà si trasforma in straordinario immaginario.
“Che gioia! Che divertimento! Sono stata davvero felice, le gambe si muovevano al ritmo di samba, flettevo ben coordinata ginocchia… Lui, il professore Lautaro Quintero, possedeva la fatica dell’essere, masticava le foglie verde smeraldo di moringa mentre ruotava la maniglia della sua scatola creando sempre idea nuove, tirando fuori inedite intuizioni rivoluzionarie. Quel giorno eravamo in Argentina a Buenos Aires sulla Avenida de Mayo…”
Per me era davvero faticoso…
In concreto tutti e due sembravamo due burattini, vittime di una messa in scena per rappresentare una finzione. Forse le nostre vite abitavano una realtà parallela, vite sganciate dal presente, probabilmente più rassicuranti di quanto sia il tempo reale o la vita degli altri. Forse, rifletto ancora oggi, siamo personaggi artificiali, il prodotto di un’invenzione, figli del nostro autore, personaggi inesistenti, inanimati, creati solo per raccontare storie.
Foto di Engin Akyurt da Pexels