Pensiero in Fa Diesis
Fratello,
che dire della nostra vita?
Non è stata come ce la immaginavamo da bambini, quando la neve cadeva forte dal cielo e ci faceva saltare un giorno di scuola.
Erano anni felici quelli. Nessuna preoccupazione, nessuna rinuncia a nessuno dei rimpianti che ancora non ci perseguitavano.
E che dire delle tette sporgenti e rotonde della maestra, angurie incantate sul davanzale dell’ultimo piano, quello che si apriva fuori dalla sala insegnanti. Ci facevano brillare qualcosa nelle viscere, anche se eravamo ancora troppo piccoli per capire che cosa fosse.
Poi crescendo siamo come volati via, a inseguire sogni e misteri senza più guardare indietro, alla nostra età, alle risate d’infanzia, ai tramonti che dietro le colline diventavano eclissi paonazze e tingevano il cielo di lacrime e arcobaleni.
io non ricordo più il tuo volto, come del resto non ricordo le voci delle donne che ho amato
In altri momenti quello stesso letto veniva visitato da ragazze rancorose, o forse il rancoroso ero io ad averle invitate solo per non sentirmi solo ancora una volta, solo per rivedere nella mente tutte le città, e tetti, e catapecchie, e fiumane e pianure che attraversai durante le stagioni di una giovinezza perduta che non volevo ancora lasciare andare.
Poi, in mezzo agli insulti del vento, ho scoperto qualcosa di nuovo
Quel qualcosa non era del tutto nuovo, ma una scoperta che a lungo avevo scelto di non guardare, di dimenticare, come si dimenticano le vecchie dichiarazioni dei redditi e gli incontri spiacevoli, avvenuti ai vicoli di chissà quali crocevia mentre, ancora fuggiaschi, affrettavamo il passo dei nostri giorni privi di parole.
Quel qualcosa era la scoperta più semplice e banale del mondo, eppure ancora oggi sorrido quando ci ripenso: a volte perdere noi stessi è l’unico modo per ritrovare la strada di casa.
Photo: Stephen Niemeier, Pexels