Di antidoti alla noia, basilischi, sogni e riviste
I rimedi a questa schifa vita che stiamo conducendo ognuno se li deve trovare da sé. Non ci sono regole universali e se qualcuno ve le propone sicuramente in fondo a destra c’è l’icona di PayPal. Pagare vedere cammello. Ma è un cammello spelacchiato e anche un po’ stronzo. Lasciate perdere il cammello degli altri, fatevene uno vostro. Morirete di noia comunque, ma orgogliosi. Guardate me, guardatemi adesso che bello che sono: seduto sul tappeto, una gamba distesa e l’altra piegata verso l’alto. Mi fa male il culo e anche un po’ la schiena a essere sincero. Ma fa niente. Una rivista di arte sta anch’essa sul tappeto, dinnanzi a me. Struscio la carta patinata tra il pollice e l’indice della mano destra, accarezzo il tappeto peloso con la sinistra. Annuso. Sento odore di carta. Cose positive riscontrate nel portare una mascherina per tante ore: il naso si rende più sensibile a quel poco che gli è rimasto da sentire; si possono fare versi inconsulti con le labbra quando si vuole. La carta patinata ha un odore buono, uno dei migliori in circolazione. Perché a Parigi non hanno mai creato un parfum all’aroma di carta patinata? Oppure a Colonia? Ma torniamo a me: sto ascoltando un album dei Massive Attack. Lo dico perché l’udito era l’unico senso che ancora non avevo tirato in ballo. E poi per far sapere che ascolto buona musica. Che sono un tipo figo, insomma. Ah no, i sensi sono cinque e manca il gusto. Va bene, facciamo che dopo ho pure bevuto un Calvados, come i normanni dell’incipit di Queneau. Non è vero, ma fa figo pure questo.
Occupare i cinque sensi è un discreto antidoto alla noia. Per chi si intende di calcio, è un po’ come sporcare le linee di passaggio dell’avversario. Io di noia me ne intendo. Se mi chiedete un aggettivo per descrivere la mia infanz… NOIA! (nota per il redattore: nessun refuso, ero solamente molto preparato e ho anticipato la risposta, passa oltre e scusami tanto). Che poi forse non mi sono annoiato nemmeno così tanto come dico, ma la sensazione prevalente quella è. Le riviste sono sempre state un buon antidoto a tutto e tutti. Ho iniziato con il calcio, ovviamente. Giusto qualche giorno fa ho ripreso in mano un Guerin sportivo del 1997. Per un attimo ho provato la stessa sensazione di allora. Quanto piacere quella rivista in quegli anni. Non è facile descrivere, è il piacere effimero delle prime volta, delle cose nuove. Quel piacere che provi le prime sere che esci e torni a casa rigorosamente alle undici. Una roba che, spoiler per gli ultimi arrivati su questa terra, dura un paio di volte e poi più. Come i profumi di Colonia, insomma (quelli di Parigi magari un po’ di più). Da qui nasce la rincorsa a qualcosa di sempre nuovo e diverso e, direbbe un saggio orientale, in definitiva all’infelicità. Così è stato anche per il Guerin sportivo. Del resto ci ho riprovato già qualche anno fa, in un momento non particolarmente gioioso della vita mia. E no, non ha funzionato. Bella rivista, niente da dire, ma quello che cercavo tra quelle pagine erano ricordi felici, momenti spensierati. In una parola: nostalgia. Che è una cosa infrasottile, direbbe Duchamp. Come il fumo, l’anima, l’alito. C’è, si lascia contemplare, da piacere. Ma non la puoi afferrare.
Abbiamo quindi capito che gli antidoti alla noia vanno costantemente aggiornati. Fermo restando che di base più sensi si occupano meglio si sta. Leggo sulla rivista (ahi che dolore la schiena e il collo pure) che un passatempo dei tempi che furono, XVI secolo all’incirca, era creare draghi assemblando resti di altri animali. Proprio così: attraverso un misturotto di tassidermia, alchimia e chissà che altre sconcerie alcuni “scienziati” dei tempi che furono crearono i cosiddetti “basilischi”: draghetti imbalsamati. Andavano a ruba tra chi se li poteva permettere. Non c’è bisogno di prendere per il culo questa povera gente un po’ credulona, giusto un paio di anni fa cercavamo i Pokemon sotto le panchine del parco. Ci siamo solamente aggiornati. Ecco, evoluti onestamente non saprei.
Tutto cambia e tutto rimane pressoché lo stesso. In tempi come questo ci se ne accorge anche meglio. Ad esempio i sogni. Un mio sogno ricorrente è sempre stato quello di ritrovarmi nudo o quasi in mezzo alla gente. Bene, ora almeno un paio di braghette le indosso, ma non ho la mascherina. E vi assicuro che l’imbarazzo non è minore. Ci vorrebbe, penso mentre oramai la rivista ha perso interesse, carta e tappeto pure e la musica è finita, un bel sogno. Sono giornate lunghe e tediose. Ma ciò che più è grave sono giornate che si proiettano su quelle seguenti e così all’infinito. Domani è un altro giorno è una frase che non si usa più. Perché domani non è un altro giorno, è solamente un numero diverso e un giorno in meno da vivere.
La noia ai tempi del covid spegne idee, progetti, entusiasmi. Ci vuole pazienza e qualche buon antidoto. Mi sdraio sul tappeto e distendo la schiena. Sollievo. Ricordo una barzelletta che circolava a scuola: un signore si metteva le scarpe di tre numeri più strette per provare il sollievo di toglierle alla sera. Una barzelletta amara, pirandelliana. Ecco, io questo lo eviterei. Occupiamo i sensi, sporchiamo le linee di passaggio che di questi tempi è già qualcosa. Arriverà il tempo di costruire, si spera.
Bene, ora lasciatemi annusare la carta.