Modo condizionale
A volte mi domando quanti siamo sotto questa pelle che ci regala l’unità di un corpo. Mi domando quanti siamo stati, mentre cambiavamo pelle dopo ogni amore sfumato, lasciato andar via, strappato. Mi chiedo cosa sappiano di noi oggi quelli che ci hanno conosciuto, se ricordano il nostro odore, la nostra consistenza più intima, il nostro modo di sgranare gli occhi mentre sogniamo.
Dove vanno tutte le confidenze sussurrate all’orecchio? Si diventa davvero estranei o si finge per convenienza, per mostrare un’apparenza che pensiamo possa interessare al mondo?
Subisco il fascino delle storie d’amore altrui, di quelle che nascono e di quelle che finiscono e continuo a chiedermi cosa ne è degli innamorati che non sono più, di quelli che tornano alle loro vite, di quelli che decidono di non poter più amare o non poter più dirselo.
Ogni fine è una dichiarazione di possesso: esistevo anche prima di te, ero intero, ero uno e tu mi hai spezzato, mi hai riunito e ora che sono di nuovo uno mi sento metà. Questa metà che manca sempre, che chiamiamo affettuosamente, che disprezziamo, che desideriamo con disperazione.
Quanti siamo stati prima di sentirci la metà di qualcuno? Quante dimensioni abbiamo immaginato prima di realizzarne una? Non smetterò mai di stupirmi davanti all’infinità di possibilità degli eventi che sarebbero potuti essere. Ho sempre trovato il condizionale un modo assolutamente necessario alla grammatica del nostro pensiero. Abbiamo bisogno di esprimere le condizioni, anche quelle che non sono mai avvenute. Noi umani vogliamo pensarle, disegnarle, dar loro forme, contorni, colori. Vogliamo sviscerare i capitoli precedenti e quelli futuri chiedendoci sempre dov’è andata la nostra pelle passata. Forse l’abbiamo persa, come una muta lasciata indietro. Un processo fisiologico. Forse l’abbiamo nascosta sotto strati nuovi dimenticandoci esistesse.
Io continuo a chiedermelo mentre assisto alla danza degli innamorati, recenti e di vecchia data, e cerco in loro le impronte digitali che si portano addosso senza accorgersene.
Quante pelli abbiamo indossato? Quante vite già vissuto prima di sceglierne una?