Niente buoni propositi
Quest’anno una cosa ce la siamo risparmiata. Il cumulo di buoni propositi. Ogni capodanno ci toccava, tra l’esplicito e il sottinteso, un insieme di promesse, o minacce, di cambiamento. Da un semplice taglio di capelli a un nuovo stile di vita e pure l’immancabile dieta (sindrome post Pandoro/Panettone). E molto altro ancora.
siamo al buon proposito unificato: “Io speriamo che me la cavo”
Improvvisamente la sorte ci ha obbligati a riscrivere le nostre classifiche mentali dei valori. Cosa sta in cima ai nostri bisogni e ai nostri desideri? Ma, cosa ancora più clamorosa, d’un tratto l’italiano anarcoide, insofferente, spaccone e solipsistico si è scoperto ligio, osservante e anche un poco intollerante verso chi non rispetta le regole. È quello stesso che parcheggia in seconda fila, che vuol saltare le code, che ha un amico in ogni ufficio pubblico, che soffre le imposte più d’una allergia pruriginosa. Qui nasce la stessa domanda che ci preoccupa con i vaccini: quanto dura l’effetto? Le nostre malattie umane tradizionali torneranno subito dopo l’immunità di gregge?
non si sente mai un tono di rammarico, di ostilità; c’è invece quasi una sorta di rassegnazione, ma ottimistica
E sia detto tutto questo senza rammarichi, senza discredito per noi stessi. Per fare un popolo servono secoli e qualche volta millenni. Noi lo siamo stati troppo tempo fa. Ora ci stiamo riprovando da solo 160 anni. Ci vuole comprensione e pazienza. Un giorno sarà tutto molto più bello. Peccato non esserci.
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