Corsi e trascorsi
Corso di aggiornamento molto volontario, l’anno passato, ignara e felice, ancora lontana dal calvario attuale. Noi docenti deportati in una sede ai confini della realtà, maschi e femmine – più femmine, ovvio. Di varia umanità e vari ordini scolastici. Oggetto della conoscenza da approfondire: gli stencil su mascherina in acetato, e la realizzazione, dal progetto al manufatto, di una scatola in cartoncino e tessuto. Mentre i prof pluridecorati si torturano i polpastrelli con matite e trattopen mi viene l’intuizione che forse sulla superficie lucida prenda meglio una semplice penna nera. Vedendo il mio successo, una collega che di solito “non mi caga di striscio”, come dicono a Milano, diventa improvvisamente mia alleata e urla al resto della ciurma: “Ecco, noi maestrine col nostro senso pratico e la semplicità risolviamo i problemi!” Purtroppo per lei, alla fine del discorso non scatta l’applauso, come probabilmente sperava. Alzo lo sguardo dal foglio su quelle facce inerti, e aggiungo: “peccato che dopo gli undici anni si comincino a perdere neuroni a vista d’occhio … menomale noi abbiamo l’aggiornamento”… e intanto penso Madre de Dios, dove sono capitata.
Grazie al bricolage congiunto faccio amicizia con tante colleghe di altri istituti. Mentre stiriamo la stoffa termica per farla aderire al cartoncino, ammiro ad alta voce una leggiadra signora dal polso veloce. Lei mi risponde, schernendosi: “Eh, sai, dopo trent’anni di matrimonio e tre figli…”Le sgrano gli occhioni in faccia, sembrava così giovane! Lei continua, trionfante: “Mi sono sposata che avevo neanche vent’anni, la cosa migliore che potessi fare!” “Ah, eri rimasta incinta?” mi esce in automatico, per poi pentirmene dopo un nanosecondo. È la supersposa stessa a punire la mia bestemmia puntandomi con lo sguardo verde-laser. Magari nemmeno si erano dati la mano, quei due, prima di sposarsi in bianco in cattedrale e io, perversa, cosa vado a insinuare… tutta invidia, la mia. O forse scetticismo; nel sentire una che dopo trent’anni e una singola esperienza con un uomo parla con questa enfasi di una vita in una gabbia dorata. Decido di non aggiungere altro e di lasciarla alle sue illusioni, cambio gruppo… anche per rispetto dell’età. Siamo coetanee ma al confronto coi suoi ragionamenti mi sento un’adolescente. Scelgo di tacere per evitare altre figuracce e scruto i comportamenti delle specie in cattività laboriosa, prendendo nota con gli occhi. Osservo, per i rappresentanti di ogni ordine scolastico, delle differenze notevoli, vere e proprie deformazioni professionali. Come i cani che alla fine assomigliano ai loro padroni. La nostra docente istruttrice, prof emerita di liceo artistico, un incrocio tra Mister Magoo e Morticia Addams, quindi vitalissima, ci spiega una sola volta come foderare una scatola col tessuto senza fare troppi casini. Chi ha capito, bene, altrimenti si arrangi. Risultati: i prof della secondaria si lanciano in calcoli millimetrali armati di squadra e righello, elaborano percorsi personali e complicano le cose semplici. Come i loro allievi adolescenti. Le maestre di scuola dell’infanzia si guardano intorno spaesate, in cerca di approvazione da parte di istruttrice e compagni, e sprecano quintali di materiale tra stoffa, colla e colori per le loro prove. Mi fanno una tenerezza profonda, infatti le adotto all’istante sotto la mia supervisione, che di scatole me ne intendo abbastanza. Noi docenti delle elementari interpretiamo le regole in maniera “creativa”, stravolgendole completamente e riuscendo ad arrivare comunque al risultato. Come i ragazzini di quella fascia d’età, appena prima della dispersione neuronale verso l’omologazione. Va da sé che il gruppo “elementari” ottiene i prodotti migliori; alla fine il merito lo riconosciamo addirittura alla stitica spiegazione di Morticia. Perché, si sa, i bambini sono generosi.