La mattina
La mattina la strada è mia, reggo il volante con entrambe le mani, lo sguardo si abbandona alla luce delle prime ore del giorno, la luce che quotidianamente investe il Monte pellegrino, la cartina di Tornasole del tempo. Tu lo guardi e saprai come sarà la tua giornata. Oggi un arcobaleno fa da ponte tra la terra e il mare. Mi chiedo l’origine dei suoi colori. Vorrei attraversali ed esserne investita, ma non posso distrarmi troppo devo stare attenta, ho una strada e auto che mi precedono ed io la strada la mangio, la divoro. Adesso è la striscia bianca a trasportarmi, un nastro che si srotola verso la destinazione. Mentre guido spesso, mi lascio andare ai ricordi. In famiglia ci sono stati diversi bravi guidatori, il migliore, però era mio padre. Ricordo ancora la paura che provavo quando azzardava le sue manovre con l’auto. Aveva l’abitudine, d’inverno, di recarsi al molo vecchio del paese naturalmente tutti a bordo, si percorreva e arrivati alla fine della banchina per tornare indietro bisognava fare inversione di marcia e lui faceva manovra sul limitare, a filo con il vuoto; sebbene fosse inverno io sudavo, con entrambe le mani mi afferravo ai sedili di pelle, quelli che in estate le gambe neanche le potevi poggiare specie se l’auto era rimasta a cuocere sotto il sole, l’aria condizionata? Quella sarebbe arrivata dopo. Era un appassionato di auto ma soprattutto era un bravo guidatore ciononostante io con il mio realismo pessimistico mi vedevo in fondo al molo a cercare di uscire dalla vettura che si riempiva inesorabilmente d’acqua. Tra le pochissime eredità ricevute ai miei fratelli in maniera più generosa, c’è stata donata la capacità di guidare, si tratta di un gene specifico azzardo questa certezza.
Sul molo si andava non soltanto per rischiare la vita… ma anche a pescare.
Hai preso da pescare? Sì, il secchio e la “tremolina”
Che schifo pensavo tra me e me.
Che a me i vermi hanno fatto sempre schifo. Li comprava in quei negozi, dove sull’insegna c’era la scritta: esca viva che per me non significava proprio nulla Era quasi un imperativo categorico. Dalla scatolina con le esche che conservava in frigorifero, spesso fuoriuscivano filamenti rossi rivoltanti. Credo di essere andata con lui soltanto una volta, quella in cui scoprii che il verme doveva essere infilzato dall’amo prima di essere gettato in acqua, a me della pesca piacevano soltanto i galleggianti per via dei loro colori vivaci e la frittura mista che avrebbe preparato mia madre. Così alla fine andava da solo com’è giusto che fosse, del resto quella del pescatore è un’esperienza solitaria ed io non avrei più assistito né a vermi infilzati né a retromarce azzardate. In questi ultimi giorni penso sovente a lui quando sono alla guida, quando siamo la strada ed io e questo andare può sembrare soltanto un allontanarsi per non andare in nessun luogo.
Questo non avere una meta, illudersi che non è la stessa strada che è sempre quella da almeno dieci anni a questa parte.