Giac e le altre
Giacomo, per gli amici Giac, ha fascino; come tanti incroci culturali, del resto. Madre texana, di Austin, con origini navajo di cui va molto fiera, padre partenopeo. Ha lo sguardo torvo, allungato e intenso dei guerrieri piumati avi della genitrice e la sfrontatezza leggera e accattivante della parte napoletana. E’ nato e vive a Napoli, e come tutti i figli suoi sa cantare ed è un poco artista. La sua arte principale è stata sempre quella di arrivare in fondo a ogni giornata; ora, arrivato alla soglia dei cinquanta può vantare numerose collezioni, Giac : rughe, chili di troppo, capelli grigi e radi un tempo neri, folti e setosi, lavori vari nel campo della ristorazione e del turismo, grazie alla mamma è perfettamente bilingue, amori disperati (da parte loro) e amorazzi non più lunghi di una stagione, auto e fumo di dubbia provenienza, qualche episodio di rissa e ossa rotte, chilometri in bottiglie di birra, vino e superalcolici. Toro/Scorpione con luna in Pesci, un vizioso all’ennesima potenza. Anima liquida. Se solo le mettesse in una fila immaginaria le bottiglie che ha scolato negli anni, raggiungerebbe tranquillamente il Paese di mammà. Ha viaggiato, Giac, ha viaggiato molto per lavoro e non, è stato anche in un circo itinerante per sei anni, e qualche volta per scappare da un’amante delusa o peggio da qualcuna che minacciava di volere un figlio. Pazzesco. Da uno che fa già un’enorme fatica a tenere a bada sè stesso, pretendere che avesse attenzioni per un altro… Che poi non fanno altro che piangere e sbavare, come i gemellini della sorella quando erano piccoli. La conosce bene lui sua sorella, da quando i figli sono nati ha uno sguardo vuoto, che un tempo era tanto simile al suo; torvo, lungo e intrigante. Sono gemelli anche loro. Un perfetto stronzo, questo riusciva sempre a diventare, nell’ottica femminile, chiaro. Secondo lui era semplicemente un animale libero e sincero. Si era sempre prodigato a intrattenere le prescelte nel migliore dei modi, cantando, declamando poesie (è un lettore vorace), raccontando dei viaggi, cucinando per loro come papà Peppe, gestore di ristorante, gli aveva insegnato. Inoltre la prestanza e la fantasia a letto non gli erano mai mancate, come del resto la materia prima di ottima qualità per fare esercizio. Un uomo da sposare, secondo le povere illuse. Quelle che non badavano alla tasca ma al romanticismo, e ce ne sono sorprendentemente ancora molte, in circolazione. Ma lui niente, le dribblava tutte con talento da goleador.
Da due mesi Giac fa l’aiuto cuoco e cameriere nel locale di un amico del padre, ormai in pensione. Un bel ristorantino tipico a Posillipo. Fumo e Alcool sono mogli esose da mantenere, deve pur lavorare ogni tanto. Quando si stufa, molla. L’amico è già stato avvertito. Sono quasi due mesi che a pranzo viene sempre una signora elegante e gentile, e ordina sempre le stesse cose: spaghetti con le vongole, tagliolini al limone di Sorrento o pasta al ragù. Secondi mai, frutta e dolce niente, solo caffè. Davvero gentile, ringrazia ad ogni portata e lascia mance generose. E’ sempre da sola, immersa in un libro o al cellulare. Un giorno con pochi clienti, la signora alza lo sguardo dal libro e lo ringrazia con gli occhi. Due occhi azzurri e infiniti dietro le lenti tonde, che lo invitano a sedersi di fronte a lei. Fanno amicizia, lei è una psicologa junghiana, che vuol dire chiede Giac anche se lo sa, lui legge tanto… Ha lo studio lì vicino, per questo le è comodo pranzare nel suo ristorante. Giac non ha mai creduto molto nella materia, ma questa donna in qualche modo lo ispira a raccontare. La sua vita, che in realtà si riassume in regolari episodi di “mordi e fuggi” in varie situazioni, le sue origini che lo fanno sentire ovunque fuori posto, la famiglia. Delle sue dipendenze la psicologa se ne accorge da sè. Passando dalla storia di vita reale, Rosa, questo il nome della donna, cerca di far luce in quella onirica. Ma Giac i sogni non se li ricorda mai, è quasi sempre troppo ubriaco, per farlo. E in certi periodi, ormai sempre più frequenti, lo è talmente da non riuscire a presentarsi al lavoro o ad iniziare qualche storia delle sue di corteggiamento fine allo svuotamento, da concludere quindi nel più breve tempo possibile. E certo l’età che avanza non aiuta.
Un giorno arriva al lavoro stravolto. Su consiglio di Rosa aveva bevuto meno prima di dormire ricordando finalmente il sogno che lo affliggeva da anni. Sempre lo stesso. Lui legato mani e piedi, immerso nelle sabbie mobili, che urla disperatamente. La sorella, la madre e una donna dal volto nascosto accorrono in suo aiuto, legano una corda robusta ad un cavallo e l’altra estremità al membro di lui, unico appiglio disponibile. Il cavallo riesce a tirarlo fuori dalla melma ma lui rimane evirato. Un incubo orrendo che gli fa tremare la voce e salire le lacrime mentre racconta. Rosa invece rimane impassibile; del resto chissà quante ne sente, nel suo lavoro, pensa Giac. La donna non dice nulla e gli comunica la diagnosi con i suoi fari blu dietro le lenti tonde. Lui ha avuto sempre paura di finire come nel sogno, ecco spiegato il suo istinto di fuga. Le sorride, tra le lacrime. Vuol dire grazie. Lei ricambia il sorriso: “Me lo offre lei, il caffè?”