John Lennon, Bob Dylan e le altre stelle
John Lennon, Bob Dylan insieme ai cantanti e ballerini che si sono esibiti alla Scala sono le stelle di questo dicembre 2020. Cominciamo con il commemorare il quarantesimo anniversario della scomparsa di John Lennon che la sua musica e la sua morte violenta lo hanno consegnato alla storia della musica pop e non solo, immagine simbolo della generazione degli anni sessanta e settanta. In questi giorni un’altra icona degli anni ’60 alla soglia dei suoi ottanta anni fa ancora parlare di sé. Bob Dylan ha venduto a Universal Music i diritti del suo catalogo che copre la sua carriera dai primi brani dell’inizio degli anni Sessanta all’ultimo album “Rough and Rowdy Ways” composto durante la pandemia. Secondo il “New York Times” la Universal Music avrebbe pagato oltre 300 milioni di dollari. Questa notizia, che sicuramente risulta pragmatica e commercialmente proficua per il cantautore statunitense in realtà, ai “nostalgici” come me, è un’ulteriore picconata all’immagine già logorata in occasione del disprezzo nel ritirare il Premio Nobel (in verità sopravalutato) e mette una pietra definitiva tra la mia gioventù e il cantautore di Blowin’ in the Wind. Ma Dicembre è per la Musica il mese dedicato all’inaugurazione della stagione del Teatro La Scala di Milano.
Nella sua lunga storia, dall’inaugurazione del 1778 a oggi, la prima alla Scala non è andata in scena soltanto tre volte: la prima volta nel 1897 il teatro chiuse i battenti proprio il 7 dicembre e la prima, che ai tempi si teneva nel giorno di Santo Stefano (e così fino al ’51) venne cancellata. L’anno seguente il Teatro riaprì al pubblico e si pregiò della presenza di Arturo Toscanini alla direzione artistica. Il sipario della Scala restò chiuso anche negli anni 1919 e 1920 per lavori strutturali e gestionali. Nell’agosto del 1943, Milano fu devastata dalla guerra ma la riapertura ufficiale avvenne l’11 maggio del 1946 per il concerto di Toscanini, di rientro in Italia dopo 16 anni d’esilio per essersi
rifiutato di dirigere Giovinezza durante la dittatura fascista. Quella sera l’incasso fu da record: si parla di 25 milioni di lire e di persone assiepate fino in Piazza Duomo per ascoltare la musica dagli altoparlanti, primo vero esempio di “disseminazione” della lirica . In quel memorabile concerto, in cui debuttò anche una ventiquattrenne Renata Tebaldi, si è davvero messa in scena l’essenza della Musica intesa come veicolo di cultura e libertà. Della parata di cantanti, ballerini e attori che nell’inaugurazione ai tempi del Covid, si sono avvicendati sul palco del teatro, non voglio scrivere dal punto di vista tecnico e musicale.
Né tantomeno voglio soffermarmi sulle scelte registiche di Davide Livermore che ho trovato figlie di questo periodo storico cioè confuse e poco coese. Il finale del Guglielmo Tell (per fortuna nella versione italiana come io preferisco) “Tutto cangia, il ciel s’abbella, l’aria è pura, il dì raggiante” e il commento finale sul valore della musica e della cultura hanno rinforzato l’artificiosità dell’operazione con frasi “ad effetto” e ridondanti.
L’unica riflessione che mi sento di commentare è l’affermazione del Ministro Dario Franceschini a proposito della Cavalleria Rusticana in streaming dal Teatro San Carlo di Napoli. “Un successo enorme con decine di migliaia di persone collegate in tutto il mondo che ci spinge ad andare avanti sul progetto della piattaforma digitale della cultura”. Così il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo commenta gli oltre quarantamila biglietti digitali per la prima, inaugurazione in streaming del “Teatro San Carlo di Napoli“.
Il convincimento di proseguire sulla strada del “digitale” e il silenzio/assenso di tutti i Sovrintendenti dei teatri italiani a considerare un successo che soltanto quarantamila persone nel mondo si siano collegate. Il sette dicembre 2020 per me non è stata l’inaugurazione del teatro milanese in periodo di pandemia ma la fine del teatro d’opera “dal vivo”, con l’assordante assenza del pubblico che applaude e senza i loggionisti che decretano il successo o l’insuccesso di un cantante o di un’opera. Allora forse è questa la vera rivoluzione di cui parla il Ministro: imbavagliare il giudizio del pubblico e relegarlo a fruitore passivo come quello che segue la “tv trash” costringendo i cantanti ad esibirsi in questo modo “fittizio” per sbarcare il lunario visto che in nessun Decreto i lavoratori dello spettacolo dal vivo dono stati tutelati . Questo dicembre 2020 lo ricorderò perché sono trascorsi quarant’anni dalla morte di Lennon, perché Bob Dylan ha definitivamente sotterrato il cantautore pacifista della gioventù piegandosi alla logica del denaro e perché, dopo decenni ,è la prima volta che non assisto ad un’opera lirica dal vivo dal teatro scaligero.