Il volo dei desideri
La mattina di quella strana domenica, Julio Ardosain appoggiò il capo contro il finestrino dell’aereo. Solo il persistente RaTaRaTaRaTa, proveniente dalla stiva dei bagagli, alleggeriva il peso del suo cattivo umore agevolando uno stato di torpore sintonizzato alla velocità del ritmo: RaTaRaTaRaTa…
Curvo sul bordo del finestrino sinistro dell’aereo aspettava da due ore che si compisse un miracolo origliando dal vetro il rumore riflesso del proprio respiro! Era certo che la propria ansia avesse trasformato ogni cosa in un gomitolo di memorie meretrici. Scivolava lento l’aeromobile verso il cerchio dei desideri, quasi volesse far precipitare nella pigra discesa ogni cosa che sapesse di etereo, fragile. Inutile opporsi, per restare a galla a Julio Ardosain bastava sedere sull’orlo del reale e aspettare che tutto finisse lì dove tutto era iniziato.
La ricordava bene quella strada apparecchiata di negozi, giardini, piazzole e panchine affollate di voci. Eccolo! Eccolo lì’ mentre ragazzo affondava nei sotterranei della metropolitana e rapido poi, come un battere di ciglia, uscire maturo, in giacca e cravatta e una borsa di pelle. Ecco Julio Ardosain, eccolo lì mentre a fianco della cancellata, sorseggiando un caffè, strusciava la spalla della giovane ragazza dai capelli rossi, sorpreso dal suo profumo che pareva vento di segreti.
sorpreso dal suo profumo che pareva vento di segreti
Ecco, pare di vederlo qui davanti a me, quando timido tremava seduto traballante sulla sedia di Facoltà aspettando le domande dei professori, o quando in una giovane estate lo sciacquio delle onde disperdeva sulla spiaggia il suo inglese quasi imperfetto confezionato, non senza fatica, solo per piacere a due occhi blu stranieri. Guardalo! Eccolo Julio Ardosain! Nelle notti insonni tra bicchieri di rum e strillo di risate, quando una voce rincorreva l’altra voce e poi un’altra voce, poi ancora un’altra, fino a far vibrare i calici di vetro che sparpagliati dappertutto, come un esercito in fuga in preda al panico, parevano vivere di vita propria.
Eccolo lì, mentre bambino porgeva la propria mano alla grande mano, quella che lo avrebbe protetto, guidato fino a quando fosse stato necessario, fino a quando sarebbe stato efficace, fino a quando l’assenza avrebbe reciso come uno strappo il legame di sangue e d’amore. Eccolo, è qui adesso mentre arrotola l’ennesima sigaretta inondando la stanza di fumo che ingolfa anche i polmoni allentando la rabbia per le inutili preoccupazioni. Ed eccolo, adagiato sulla poltrona quasi pare che dorma, sognerà, ancora sognerà, che sogni sognerà? Nel frattempo, arrancano in salita i ricordi, come fossero pesci che sfidano la corrente, qualcuno resta indietro, qualcuno si perde per strada, altri arrivano strappati, feriti, impossibili da utilizzare. Qualcuno riesce a risalire veloce, rapido, ancora pieno di forze, di fervore, ma dorme, lui dorme. Svegliati! Adesso! Subito! Forza, svegliati. Inutile, dorme, lui dorme. Già!
Inutile, dorme, lui dorme. Già!
La frenata brusca dell’aeromobile spinse Julio Ardosain verso la spalliera di fronte, stridìo, silenzio e poi vociare di strilli e di risate. Il mondo, anche questa volta, sembrava pronto a rimettere ogni cosa nel posto giusto.
DLIN DLON: “Welcome su Reality Show. Buongiorno e benvenuti Vi preghiamo di rimanere seduti con le cinture allacciate fino a completo arresto dell’aeromobile”.
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