Il Mondo a Testa in Giù
Un uomo, Marco (nome di fantasia), lavora per anni nella stessa azienda. Ci mette entusiasmo e si spreme per dare tutto l’impegno di cui è capace. Rinuncia ai weekend, lavora da lunedì a domenica dalle otto del mattino fino a mezzanotte, concedendosi un quarto d’ora di pausa pranzo. Raggiunge dei risultati ma, per qualche oscuro motivo, viene insultato, disprezzato, e poi addirittura licenziato perché, magari per un solo giorno solo in tanti anni, ha avuto un problema di salute. Quest’affronto per i suoi titolari è ragione sufficiente per liberarsi di lui. Il suo collega, Luca (altro nome di fantasia), invece non ha mai fatto nemmeno la metà del lavoro di Marco, è sempre arrivato in ritardo, assumendo un atteggiamento strafottente e cafone, e ha sempre sfruttato il lavoro di Marco per prendersi meriti che non erano suoi. Luca è un bravo dipendente per i titolari dell’azienda, quindi si merita la promozione, dev’essere incensato e lodato in ogni occasione, perché lui sì che è un vero lavoratore. La morale è che se lavorerai bene, ti impegnerai e otterrai dei risultati, sarai considerato male e verrai licenziato. Se farai di tutto per farti licenziare e darai il peggio di te, le persone se ne accorgeranno, ti premieranno e, nel giro di poco tempo, potrai diventare addirittura il titolare dell’azienda per cui lavori.
Prima di continuare urge una piccola nota: se ancora non lo si è capito, in quest’articolo verranno usati solo nomi di fantasia, ogni riferimento a persone o fatti è puramente causale.
Il Professor Romolacci insegna italiano e latino in un liceo classico. Uno dei suoi studenti, Samuele, va molto male. Quattro in latino dall’inizio dell’anno, senza aver mai dimostrato di voler provare seriamente a fare qualcosa per migliorare la sua media. Il Professor Romolacci però non si dà per vinto. Prova a farlo recuperare in tutti i modi possibili, ma il ragazzo non si fa trovare preparato nemmeno dopo essere stato avvertito dell’interrogazione di recupero con largo anticipo, adducendo scuse poco credibili e sbeffeggiando addirittura il suo insegnante. Alla fine dell’anno, il Professor Romolacci è costretto a dargli il debito formativo. Dopo gli scrutini, l’insegnante riceve una nota di rimprovero dal preside perché se Samuele ha quattro costante dagli inizi dell’anno, la colpa è solo del Professore che non ha fatto di tutto per aiutarlo. Evidentemente tutte le possibilità che il docente ha concesso al ragazzo non sono state considerate nemmeno lontanamente sufficienti. La morale è che se vai male a scuola, anche se ti comporti scorrettamente e non studi per niente, la colpa è esclusivamente del tuo insegnante. Tu, poverino, sei solo una vittima del sistema.
Anita va una sera in discoteca con le amiche. Beve un po’, si lascia andare. Vuole divertirsi e per questo si è vestita con i suoi vestiti più belli. Vuole che i ragazzi la notino, vuole essere bella. Incontra Andrea che si dimostra molto carino nei suoi confronti, salvo poi costringerla a un rapporto sessuale non consenziente che le spezza il cuore, e le devasta la vita. La morale è che la colpa non può essere di Andrea che, piccola stella, voleva solo farsi la sua serata. La responsabilità per quanto successo è solo di Anita che voleva sentirsi bella e per questo si è vestita con abiti leggermente succinti, provocando la reazione, del tutto normale e fisiologica, di Andrea. D’altra parte è notorio che i maschietti abbiano dei bisogni, no?
Questi sono solo alcuni esempi di storie di ordinaria normalità che accadono tutti i giorni nella nostra società. Sono alcuni esempi, ci sarebbe da fare un elenco infinito, anche perché tutti i giorni succedono fatti del genere se non peggiori, e il mio timore è che ormai siano diventati la normalità. Tuttavia, questi tre esempi da soli credo siano sufficienti per fermarci a fare una riflessione. Non vi pare che il mondo stia andando esattamente al contrario? Che è come se vivessimo tutti a testa in giù, con i piedi in aria e la testa appoggiata sull’asfalto che calpestiamo tutti i giorni? Non pensate che ormai quella che un tempo era considerata follia e ingiustizia venga invece oggi percepita come ordinario nonché un sacrosanto diritto delle persone? E d’altra parte, quello che fino a poco tempo fa era considerato giusto, venga sempre di più etichettato come qualcosa di riprovevole, immorale e privo di senso?
Il colpevole è la vittima. La vittima è il colpevole. Questo è il paradigma che troppo spesso viene applicato senza nemmeno provare a capire come abbiamo potuto noi, membri di una società cosiddetta civile, lasciarci andare a questa deriva.
Io quello che vedo, voltandomi da ogni parte, sono casi del genere o anche molto più gravi e, quindi, da individuo pensante, mi pongo alcune domande. È davvero questo il mondo in cui la maggior parte delle persone desidera vivere? Perché se così fosse, l’unico paradigma che avrebbe veramente senso applicare sarebbe “Homo Homini Lupus”, celebre frase estratta dal “Leviatano” di Thomas Hobbes.
Parafrasando qui le parole del grande filosofo, gli esseri umani non sono fatti per camminare in pace, ma per scontrarsi, accanirsi, primeggiare e schiacciare chiunque si interponga tra loro e il loro obiettivo. A questo punto però, se questo è vero, quello che mi hanno insegnato i miei genitori da bambino è del tutto errato. Le persone intorno a me non sono amici, ma nemici, gente che vuole il mio male, e che va annientata con tutti i mezzi possibili prima che loro annientino me. La fratellanza tra uomini è un bel sogno, ma è un’utopia. Quando cammino per la strada, nei passanti non scorgo fratelli ma esseri crudeli, pronti a farmi del male alla prima occasione.
Se mai avrò dei figli, non commetterò lo stesso errore. Fin da quando saranno piccoli, insegnerò loro che il mondo in cui vivono è un luogo molto brutto nel quale abitare. Trasmetterò loro che venire alla luce è una delle più grandi sfortune che possano mai capitare. Dirò loro che dovranno considerare i loro compagni di giochi non come amici, ma come competitors, e che dovranno primeggiare su di loro e distruggerli con tutti i mezzi a loro disposizione perché solo in questo modo potranno nutrire la speranza di avere un futuro migliore. Farò loro presente che la società in cui vivono non è né giusta né meritocratica, che dovranno fare per conto loro, che nessuno li aiuterà mai, che sono nati soli, vivranno soli, e moriranno soli perché in questa vita non è possibile trovare del bene; questo non rientra nella natura umana. Gli esseri umani sono programmati per fare del male, dal momento in cui nascono fino al momento in cui muoiono, e tutti, nessuno escluso, sono creature malvagie, subdole e violente. È una triste e angosciante verità? Forse sì, ma per lo meno è la verità.
Mi viene in mente la trilogia di Matrix e il suo mondo narrativo fantascientifico: un mondo dove le macchine hanno primeggiato sugli uomini e li hanno resi schiavi. Una frase del film che mi ha sempre colpito molto è la seguente: “gli esseri umani sono un cancro per questo pianeta, le macchine sono la cura.” Ritengo proprio che la frase sia decisamente azzeccata. Forse, se questo è il massimo che riusciamo a fare come civiltà umana, dovremmo davvero lasciare il posto alle macchine, o a chi per loro, e togliere il disturbo una volta per tutte. Forse dovremmo estinguerci, ed essere spazzati via dal creato, dal momento che non siamo in grado di gestire il grande dono che ci è stato fatto. Dovremmo davvero lasciare che qualcun altro decida per noi e perdere ogni cosa. Non sarebbe umano, ma sarebbe quantomeno meritocratico e giusto. Giustizia e umanità non sempre coincidono.