In scena
Seduta a una panchina guardavo i passanti, i viaggiatori.
Dove vai?
Non lo so, ma pare che io debba andare. E tu?
No, io no.
Avevamo lasciato ogni cosa, e non c’era nulla da aggiungere, nulla.
Fantasmi, qualcuno si fermava, mi sedevano accanto. Una breve pausa, poi si alzavano e riprendevano il cammino. Avanti indietro come le strisce che separano le strade.
Sono un’attrice, so fare soltanto questo, sono nata così
Lei esile, ma intensa, si era seduta sul bordo, teneva le distanze, fumava una sigaretta con voracità e assieme al fumo uscivano le sue parole. Parlava e ti guardava diritto negli occhi, ma non ti vedeva, seguiva un filo immaginario che la portava sui palcoscenici del mondo. Sono un’attrice, so fare soltanto questo, sono nata così e adesso? Di me resteranno i miei abiti, qualcuno li indosserà e io continuerò a vivere.
Era una donna minuta, il trucco da attrice di teatro, lo disse con un’allegria che suonava vera in un mondo falso. Poi mi diede le spalle e riprese a camminare, un’uscita di scena forte, unica. Lei e il suo abito verde e le piume sui capelli scuri, appiccicati alle tempie.
Io? Io cominciavo a temere che mi scambiassero per una di loro, in fondo cosa poteva distinguerci gli uni dagli altri. Vado a messa la domenica! Bugiarda avrebbe detto mia madre, non te n’è fregato mai nulla e indossi le croci come fossero dei gioielli. Non avevo niente al collo, non avevo nulla che mi potesse salvare la vita, le menzogne non erano sufficienti, quelli con i loro cani spaventosi le fiutavano a distanza.
E poi non sapevo recitare, una poesiola a scuola, versi a cui facevo il verso, ripetere senza comprendere.
Adesso il mondo ci comprimeva, e i treni non si fermavano più. Sfrecciavano e sgranavano paesaggi mutevoli e sbiaditi.
Così la vita ci era caduta addosso e stretta, di una misura sbagliata, ma era quella.
Signora? Ma dove era finita?
Sulla panchina aveva lasciato qualcosa.
È suo?
Ma lei non la vedevo già più.
Un astuccio con degli occhiali tondi, fuori moda. Li avevo inforcati di riflesso senza pensarci più di tanto.
E adesso il mondo s’era fermato, tutto sospeso, il semaforo non lampeggiava e una coppia era rimasta incollata per un bacio. Un biglietto non era stato staccato. Il treno immobile.
E alcune mani avrebbero salutato chi non sarebbe andato da nessuna parte.
Li ho buttati nel primo cestino di passaggio, ho tenuto l’astuccio velluto verde, un costume.
Si torna in scena.