Appartenere
Trascorrere le serate a vedere le serie tv non era una delle attività in cui si dilettava prima di quel marzo destinato a passare alla storia. Non fanno per me, non sono nelle mie corde, era la risposta che dava alle amiche quando le consigliavano qualche titolo. Un po’ andava in freva quando capitava che le conversazioni viravano sull’ultimo episodio della serie tal dei tali di cui lei non sapeva una beneamata ceppa, costringendola ad ascoltare in silenzio senza poter intervenire. E a lei non poter dire la sua costava assai. Eppure manco questo la smuoveva dal tentare almeno un approccio con quel genere televisivo.
A pensarci bene, però, non era sempre stato così. Ricordava i pomeriggi in cui, da bambina, con sua nonna rimaneva incollata a guardare Febbre d’amore, Manuela, Sentieri, Beautiful (che suo fratello, data la spregiudicatezza e la promiscuità sessuale di taluni personaggi, ribattezzò prontamente Puttiful) e vattelappesca-nella-memoria quale altra telenovela. Magari era stata proprio quella overdose di melodramma ad allontanarla dal mondo della celluloide a puntate, pensava. Ma sarebbe stato ingiusto incolpare nonna sua, perché a quella sfilza di sceneggiati tra il romantico e il piccante ne erano seguiti altri in cui lei, povera vecchietta, non c’entrava nulla.
A un certo punto, anche se non sapeva dire quando esattamente, doveva esserci stato un corto circuito che aveva fatto saltare la connessione tra quella ragazzina e le serie tv. Per colmare il vuoto provocato da quel divorzio, aveva iniziato a farsi pesantemente di film, roba di una sera e via. Nessun rimpianto per quella vecchia relazione con le storie a lungo termine che la lasciavano sul più bello con il fiato sospeso dandole appuntamento alla puntata successiva. Con quelle storie cazzimmose che ci provavano gusto a mollarla nel momento clou non voleva avere più niente a che spartire.
Fino a quando non arrivò quello sfaccetta di mese di marzo che la costrinse alla clausura. Cercò di opporre resistenza alla fiamma che sentiva riaccendersi, però poi ci si mise pure lo sfaccetta di aprile a tenerla barricata in casa. E cedette. All’inizio ci andò con i piedi di piombo, non voleva fare la figura di quella che era stata per anni in crisi di astinenza. Ma la parte della signorina non-ti-prendere-tutte-queste-confidenze-con-me durò poco. Iniziarono le maratone notturne – tanto sto in smart working e lavoro agilmente pure se mi alzo cinque minuti prima di iniziare a faticare – e, tempo tre giorni, la droga delle serie tv era inesorabilmente tornata a scorrerle nelle vene.
Ci erano voluti quei due mesi agli arresti domiciliari per capire che a tenerla lontana per tutti quegli anni era stato il rifiuto del legame, il non volersi sentire sospesa in attesa di scoprire le evoluzioni. Per poi, magari, restarci male, rimanere scottata. Perché è vero che era soltanto finzione, ma certi personaggi e certe storie le entravano dentro fino a fargliele sembrare reali e parte della sua quotidianità. E in quei sessanta lunghi giorni di isolamento sociale forzato, avvertire un senso di appartenenza era rassicurante. Esattamente ciò di cui aveva bisogno, e non soltanto in quel momento.
Foja – A chi appartieni – Original Soundtrack “Gatta Cenerentola”
In copertina foto di Andrea Piacquadio da Pexels
Bionda con cuore sulla guancia foto di monicore da Pixabay
Donna abbracciata al cuscino foto di Andrea Piacquadio da Pexels