Delle elezioni Usa
Alcune note sul voto americano senza entrare nel merito della politica o dei due contendenti.
Ma perché negli Stati Uniti, per scegliere il presidente, si vota il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre? Perché i padri fondatori decisero che per favorire gli elettori, quasi tutti legati alla terra, si dovesse votare quando i lavori agricoli fossero finiti. Novembre: perfetto. Ma perché martedì? Perché i seggi erano spesso lontano e occorreva anche un giorno di viaggio per arrivarci. Quindi il martedì affinché nessuno dovesse perdere le funzioni religiose della domenica. E da allora è così? Certo, ma con qualche significativa differenza. Si può votare per posta, si possono “imbucare” i voti in apposite cassette, si può votare ai seggi in anticipo. Conclusione: quest’anno prima del fatidico martedì, avevano votato circa cento milioni di elettori, su un totale di 140 (record assoluto di partecipazione). Tradizione a pezzi e confusione alle stelle, tra proteste e ricorsi. Così va a farsi friggere la famosa affermazione, bisogna fare come negli Usa: la sera si sa chi ha vinto e chi governa. Qualche volta è servito anche un mese per arrivare a conoscere il risultato.
i sistemi perfetti non solo non esistono, ma la somma dei difetti in genere si equivalgono.
In caso di contrasti decidono le corti supreme degli Stati ma anche la Corte suprema federale, come è già successo. Poi viene il voto dei grandi elettori, quindi il Congresso. Come voto diretto del popolo non è male. Ma il vicepresidente che fa? Molto dipende dalla sua personalità e da quanto gli delega il presidente. Però ha il compito di presiedere il senato (cento senatori). E in caso di parità tra questi il presidente può votare, determinando la vittoria di uno schieramento. Con buona pace della divisione tra potere esecutivo e legislativo, vanto del pensiero democratico occidentale.
Ma perché questa noiosa (seppure limitata) elencazione di caratteristiche americane? Perché un vezzo nazionale è immaginare che altrove tutto è più semplice, chiaro, efficiente e quindi democratico. Senza ricordare che i sistemi perfetti non solo non esistono, ma che la somma dei difetti in genere si equivalgono. E che la accettazione di queste imperfezioni non è tecnica. Ma culturale. Come lo sono le culture e le visioni del mondo. Meglio non sognare mondi diversi e cercare di migliorare il proprio.