Pometrò, parole per il teatro: Rita Del Noce
Pometrò è uno spazio aperto, un luogo libero per gli autori, gli scrittori e i poeti di “Poesie Metropolitane”. Una rubrica dedicata “Alle parole per il teatro”: opere inedite: una poesia, un componimento in prosa, un racconto oppure una sceneggiatura che possa essere pensata per il teatro.
In un periodo così buio e teso, crediamo che la parola sia tra i pochi spazi ancora liberi. Così, armati di bellezza e poesia, vi accompagneremo in questi giorni con questa nuova rubrica. Che possa essere un momento di fuga e di riflessione e di distacco dal cumulo informativo al quale siamo soggetti e bersagliati ogni giorno.
info: pometro.poesiemetropolitane@gmail.com
Oggi vi presentiamo: Rita Del Noce
Rita Del Noce, poeta anche in lingua napoletana, saggista, narratrice. Due premi UNESCO. Ha lavorato come cronista e ideato e redatto pagine di informazione per bambini con riconoscimento UNICEF. Insignita da ‘Poeta di pace’.
Esisti o non esisti. Napoli resti per me un sogno da realizzarsi. Da sempre ti hanno appiccicato addosso tante etichette. E sei la Napoli greco-romana, bizantina, borbonica, napoleonica, rivoluzionaria, aristocratica e plebea, la Napoli del sentimento di Di Giacomo o del realismo della Serao, della commedia dei De Filippo, dello scugnizzo, pino, pizza e mandolino.
Sei su cartoline, magliette, oggetti. Il timore è forse di restare figlia di “NN”. Ti presti ad essere fonte di ispirazione per re, architetti, artisti e ti lasci plasmare dallo pseudo amore di chi a tutti i costi ti vuole creandoti anche gabbie dorate come i Borboni.
Ma dentro di te resta la voglia di far venir fuori la tua essenza; ti presti al gioco di essere ora melodia, poesia, oggetto di narrativa, articolo, soggetto per teatro, cinema. Un tentativo di emergere, in quel 1799 con la Repubblica Partenopea.
Rinasci poi europea con Vico, Genovesi ma i tempi non sono maturi e ti lasci spaccare come la tua via Spaccanapoli, deformarti dal sentimento malapartiano. Ripiombi in quella sottomissione in cui per secoli ti sei rifugiata. C’è chi intuisce il tuo sogno ma tutto naufraga deliggittimandoti del tuo stesso mare.
E io qua a chiedermi, a chiederti quando finisce la realtà e inizia il sogno. O viceversa. Ti ascolto, comprendo il tuo passato, ti rispetto per quello che sei. Leggo la tua vocazione. Ti avvii da protagonista. La via che si apre ha impresse le orme dei tuoi passi. Il sogno comincia.
(monologo tratto da Sogno Napoletano dell’ autrice)