Grazie caro, molto gentile!
Biagio si era arreso da anni all’evidenza della sveglia, gli bastavano quindici minuti per recuperare la giusta energia per affrontare il traffico della pratica comune. Dall’età di tredici anni dormiva per venti ore al giorno. All’inizio erano accaduti solo dei saltuari, occasionali fenomeni ascetici, quasi ipnotici. Presto si trasformarono in momenti di astrazione. Il cono gelato che stava leccando gli cadde per terra, si bloccò sognando di nuotare circondato da tre delfini. Pronto a rispondere all’appello in classe, picchiò la testa sul banco sognando di segnare l’ultimo punto nella partita di tennis più lunga di Wimbledon. Concentrato per sferrare il calcio di rigore nella partita per la promozione della squadra, si bloccò al centro dell’area e lì si addormentò sognando di dettare su un nastro magnetico un programma elettorale. Fino all’età di venti anni prese botte, pugni e schiaffi, Biagio era costretto a inventare in famiglia sempre scuse diverse. Un incidente, una zuffa, giochi o scherzi tra amici. Per lui assopirsi era la normalità: l’assenza l’essenza della propria esistenza. Nell’assenza aveva vissuto cento, tante vite. Aveva viaggiato per terre selvagge, (qui dormì Biagio visitatore di città e continenti), aveva imparato a mangiare ogni cosa, (qui mangiò Biagio grande bevitore), fatto l’amore con le donne più belle del pianeta (qui Biagio amò belle donne), aveva scritto poemi, cantici e novelle, (qui Biagio recitò i suoi versi), aveva sentito freddo e nuotato tra mari cristallini (qui si bagnò Biagio). Quell’ultima giornata era stata impegnativa, aveva dovuto superare minacce e ostacoli. Aveva allungato i capelli, indossato un cappello da clown, un abito blu lucido, cavalcato guidando mandrie di bufali. Ricordava perfettamente di avere dormito nel grattacielo più moderno di Shanghai e da lì, dal terrazzo più alto del mondo, ascoltato la terza sinfonia di Schubert. (Qui Biagio non ebbe voglia di scrivere nulla).
Biagio si trasforma in Biagio. Per sua fortuna non sviluppava più un concetto che avesse un filo logico, riusciva con facilità a balbettare parole senza scandire l’ultima sillaba, galoppava nella dispersione della fantasia. Le intenzioni gli martellavano in testa, facile fu riorganizzarli in sei ordini di importanza! Un ordine perfetto. Tutto gli appariva ragionevole, un filo alterava le cose in ordine di urgenza. Quella mano di donna che gli accarezzava la nuca era una minaccia o una richiesta di fare sesso? Era giusto rispondere alle domande degli altri con: “Che? Cosa vuoi? Ma vai al Diavolo!” Odiava il prossimo. Tra l’essere come verbo e l’essere come entità sceglieva: “Ma che volete da me?!!! State almeno zitti!!!”. I brutti assecondavano le loro oratorie con gesti come a proclamare certezze, inviti. Era probabile che Biagio Biagio odiasse tutti. Spargeva verso gli altri i suoi coriandoli colorati: gentilezze. Così rivolgeva un sorriso alla signora concedendole cavallerescamente il passo. Godeva per l’educata risposta “Grazie caro, molto gentile”. Gentile un corno! Stronza! Devi morire! Ma vai al Diavolo! Che la trave ti si abbatta sulla testa, che il pavimento che calpesti si apra inghiottendoti, che appena uscita un fulmine ti faccia schiantare a dieci chilometri di distanza! Il mondo, qualche volta, è davvero insopportabile! Pensava Biagio trasformatosi in Biagio.
Biagio trasformato in Biagio si trasforma in Biagio Biagio Poeta. Per fare poesia aveva disteso sulla scrivania i propri nervi. Li aveva allungati quanto bastava a coprire quasi tutta la superficie del tavolo. Si stupiva, ancora una volta, dei colori, ciascun nervo, infatti, steso come un filo, aveva strani colori, improponibili alla visione normale del reale. Una volta distesi, li girava e rigirava tra loro, come ad intrecciarli tentando di tessere uno spartito fatto di melodie rimate. Ogni volta che provava a scrivere il testo perfetto, quello delle meraviglie e delle passioni, però gli si chiudevano gli occhi e s’addormentava, il giorno dopo dimentico di tutto era costretto, in tal modo, a ripetere all’infinito il suo lavoro. Solo in quei lunghi momenti di assenza, la sua vita raggiungeva il massimo della pienezza, sapeva che appena sveglio l’ultimo sogno sarebbe stato quello più bello! Così, Biagio Biagio Poeta trascorse gran parte della vita. Intrecciare e disfare, creare e distruggere. Il mondo spesso è davvero insopportabile! Pensava Biagio trasformatosi in Biagio Biagio, Biagio Poeta.
PS: Pubblicato nell’estate 2020 su Flussi Potenziali n.61 Nova Ass. Il Rabdomante