Anna, le sigarette e la valigia pronta
Ridisegnare il rossetto sulle labbra, mentre guarda il profilo di Palermo dall’alto.
Questo è un gesto che Anna fa spesso, durante il giorno, senza prestare molta attenzione a quanto le accade attorno.
Ha uno spazio tutto suo, due passi fuori dall’aula dove i marmocchi stanno facendo la ricreazione.
È un balconcino stretto e lungo che si apre su uno di quei giardini privati pieni di piante e di disordinata bellezza di cui Palermo è piena.
Anna prende la sigaretta dalla borsa, chiede gentilmente permesso al collega e sguscia via dall’aula per respirare un po’ di boccate di fumo.
Accende la sigaretta.
Guarda il giardino.
Con lo sguardo torna indietro all’aula dove i bambini fanno chiasso.
Guarda ancora una volta i tetti delle case del quartiere.
Anna, nelle ultime ore, ha uno sguardo carico di una sofferenza speciale.
Il fumo della sigaretta sale veloce verso il cielo e prima che possa avere fatto una doppia capriola è già diventato un ricordo.
Anna, il giorno dopo le nozze, sull’aereo in luna di miele.
Poco prima di atterrare si rivolge piena di gioia all’uomo che ha appena sposato. Vuole dirgli qualcosa di importante.
L’uomo la schiaffeggia. Così, senza alcun motivo.
Lei, impietrita. Una lacrima di dolore.
Il mondo intero che si trasforma in qualcosa di imprevedibile.
Tre figli maschi, una lotta continua, il divorzio infine.
Una nuova partenza, una vita nuova.
Le sigarette e la valigia sempre pronta.
La sua Palermo. Il suo lavoro a scuola.
Anna spegne la sigaretta. Ridisegna il rossetto, guardando indietro nel tempo mentre sembra concentrarsi sulle foglie di palma che dondolano, nel vento fatto di mare, di fronte ai suoi occhi.
Rientra in aula e ricomincia a spiegare come funziona la tabellina del sette.
Anna ha una vita felice, piena.
Fatta da una somma magica di tante piccole infelicità, raccolte come pietre preziose in una collana colorata.
Il sole che ha sempre brillato su di lei ha avuto raggi taglienti e ha scolpito di tremenda dolcezza le sue gioie più sfrenate.
Il viaggio in Africa, subito dopo il divorzio, per esempio.
La carezza sofferente degli sguardi di quei bambini.
Anna ha cominciato a guardare dritto negli occhi quello che va guardato senza paura.
Distribuisce tempo, cuore, braccia e scorte alimentari nella sua Palermo alle mamme d’Africa di cui la città è sempre troppo poco piena.
Palermo è porto grande. Lei vorrebbe che l’Africa intera potesse entrarvi dentro.
Ha una sua idea di come la città potrebbe rifiorire: svuotare Dainisinni, Brancaccio, Borgovecchio e tutti i quartieri più miseri, dalla troglodita arroganza del brutto, affidando alle mamme d’Africa il compito di ripopolare di bellezza, giardini e colori e gentilezza tutto quanto.
Anna ha avuto il coraggio di partire e di tornare.
Anna ha la forza di un gigante.
Ogni giorno il suo sguardo si approfondisce. Entra dentro i particolari delle cose più piccole.
La capacità di mettere uno dietro l’altro i passi che servono per andare al lavoro.
I soldi per comprare il pane che si trovano lì, dove dovrebbero essere per tutti.
La voce che esce leggera dalla sua bocca ed è in grado di colpire i cuori di chi la ascolta.
Piccole, straordinarie, felicità di cui è intessuta tutta la sua vita infelice e piena come il sole di una potenza terribile.
Illuminare e bruciare, allo stesso tempo, tutto quello su cui si concentra l’intensità del suo sguardo.
Anna prende il volo delle sette di sera.
L’aria di mare l’ha salutata schiaffeggiando il suo viso ancora una volta.
L’ironia del mare e la sfacciata libertà che il vento siciliano mostra sempre con i cuori che ama di più le ricordano che si tratta di un viaggio diverso.
Quello è un viaggio in cui celebrerà un saluto a chi l’ha sorpresa quella volta, con un gesto inspiegabile, a partire dal quale tutta la sua vita è diventata un enigma.
La valigia questa volta ha dentro soltanto un’enorme quantità di coraggio, messo lì in anni di semine e di raccolti.
Il padre dei suoi figli ha poco da vivere ormai.
Anna è stata chiamata la sera prima da una voce tremante.
Ha subito capito che si trattava di quello.
Non ha quasi detto nulla al telefono.
– Ok. Domani sono lì.
– Grazie, non so come dirtelo meglio, ma grazie, grazie.
Anna non ha niente da perdonare.
Deve tornare di fronte all’oracolo che un giorno ha deciso per lei una sorte diversa.
Ma interrogare non serve.
L’enigma non si risolve in una risposta.
Quella telefonata e, adesso, questo viaggio bastano a chiudere il conto.
Non si tratta di pareggiare nulla. Chiudere il conto non è livellare.
Chiudere il conto è sapere che nella vita i numeri non tornano mai al loro posto, ma si rimescola tutto ed è sempre giusto così.
Anna abbozza un sorriso.
Prende il volo delle sette di sera e pensa, adesso, alle tabelline.
Sette per zero zero. Sette per uno sette. Sette per due quattordici.