Officina autorizzata
Una delle convinzioni ferme che ho sempre avuto nella vita è che ci vuole una fortuna esagerata ad avere un guasto auto proprio davanti a un’officina.
E intanto ieri sera è questo che mi capitò: a che andava, a che non andò; a che ascoltavo Chiari e Campanini a Radio Techetè a che, e ce ne vuole veramente, neanche più prendevo Radio Maria, a che la vita era tutta una discesa dolce in mezzo a giardini fioriti e ruscelli d’acqua limpida a che mi ritrovai tutto solo in mezzo a un deserto salato, piatto e senza fine seguito da un altro deserto salato, piatto e senza fine pure quello. E in salita tutti e due.
E tutto questo nel giro di due secondi e un pezzettino solamente, giusto il tempo di realizzare di non sapere neanche vagamente in che zona mi trovassi in quel momento.
Dunque senza neanche un put put di preavviso la mia macchina si fermò, come se non avesse un motore, come se mai avesse avuto un cuore.
L’impulso è stato quello di scendere e abbandonarla sul bordo della strada come nei film di Mad Max, ma la vista periferica trasmise a quella parte di cervello che era ancora razionale sei parole magiche più una congiunzione:
Officina Meccanica Autorizzata Marche Italiane ed Estere.
Che culooo!
Non dico che sia riapparso d’incanto il giardino con le rose annesse ma almeno i due deserti non erano più in salita.
Sulla soglia del locale sicuramente frutto di magia un tale a braccia conserte fumava, guardava e annuiva nel silenzio della sera.
Buona sera, sono rimasto fermo con la macchina.
Ehhh, lo vedo pure io, che è successo?
Questo spero che me lo possa dire lei.
Non lo vidi troppo convinto, però mi chiese di aprirgli il cofano.
Che motore pulitissimo, non ne ho mai visti così a posto.
Sì, ci tengo alle mie auto: è la prima volta che questa ha un problema.
Lui guarda un po’ il motore, smuove un filo qui, un tubicino là, scuote la testa e mi fa:
Lei che ne pensa?
Io? E che debbo pensare? Lei è il meccanico qui!
Andiamoci piano con i titoli: e poi il suo è un modello nuovo, il primo che mi capita di vedere.
Ma sono dieci anni che l’ho comprata, tanto nuova non è come modello!
Se almeno fosse una fiat, ma questa è pure giapponese! e mi zittisce con un gesto.
Che dice, se tiro questo filo che può succedere?
Ma come che può succedere, che si mette a tirare i fili a caso?
Ma allora perché non ci prova lei a sistemarla? Io volevo dare una mano, ma se comincia così!
Mi scusi ma lei è o non è un meccanico?
Io? Per nulla, sono un panettiere.
Come un panettiere? E che ci sta a fare davanti a un’officina meccanica?
Quale officina?
Come quale officina? C’è pure l’insegna: Officina Meccanica Autorizzata Italiane ed Estere. E sottolineo estere!
Ahhh, ma questa è l’insegna di quello che c’era prima, io qui ci sto aprendo un panificio.
Mamma mia e non poteva dirmelo subito? E ora che facciamo?
Se vuole posso chiamare mio cognato Lillo.
Ah, grazie mille, mi fa un gran favore, a quest’ora un meccanico non è facile trovarlo.
Veramente vende frutta al Borgo Vecchio, ma pure lui ha una macchina giapponese, magari ci sa mettere le mani!
Cercai di immaginare cosa Mad Max avrebbe fatto nella mia stessa situazione, ma ritenendolo un tantino violento, chiusi l’auto e telefonai a mio cugino: Lillo pure lui, ma meccanico alla Fiat, e a questo mondo ci si deve pur sapere accontentare qualche volta.