Furto 17 – Lo specchio
Oggi ho lavato lo specchio.
Ho caldo, è una giornata di quelle che il sole dovrebbe nascere in un tramonto.
Ho lavato lo specchio e ho visto me di fronte a me che mi guardava: i miei capelli fuori posto, i miei occhi, le mie labbra screpolate. Il mio me mi guardava e la percezione di calore è continuata a crescere. Ho tirato via il pantaloncino, la canotta, l’orologio, i miei tre bracciali, lasciando addosso solo le mutande. Il mio me ha continuato a scrutare, ora il mio collo, il mio petto, l’addome e le sue cicatrici, le mie cosce. Ho bisogno ancora di più, di sentirmi senza nulla addosso, anche se addosso non ho nient’altro che me.
Abbasso lo sguardo, io torno a guardarmi, senza che un’immagine riflessa mi rimandi i suoi pensieri. Torno a guardarmi, a scoprirmi, nudo, con l’assoluta consapevolezza che ancora posso spogliarmi, ancora devo spogliarmi. E allora mi torna in mente quando mi sentì dire
“prova a metterti i miei vestiti, prova per un attimo a indossare i miei vestiti”.
Il mio me è ancora lì, immobile a guardarmi. E allora fallo, fallo davvero cazzo, prova a metterti i miei vestiti, prova a dirmi cos’altro devo togliermi, cos’altro mi serve per non avere ancora caldo, per non sentire quest’afa in gola e respirare, indossami, indossali davvero i miei vestiti, i miei ricordi, i miei cocci di creta, indossali e sentine il peso, avvertine i contorni, odorane i silenzi, aiutami a uscire da questi abiti incollati, a uscire da me che senza di me tu non ci saresti.
Lo specchio si appanna, il mio fiato l’ha sporcato, e mi ritrovo qui, adesso, a disegnare ancora i contorni di me, lentamente, a occhi chiusi.
Io non lo so se l’abitudine arriva, se arriva la rassegnazione o una lontana pace interiore. Ma so, io so che siamo tutti troppo vestiti e un po’ mutilati, in una continua ed esasperante ricerca di noi, con la speranza forse di ritrovarci finalmente tutti interi, svestiti, senza tutti questi strati che la vita ci sta mettendo addosso.