Furto 16 – U manciari
In Sicilia il fulcro dell’esistenza, della cultura, di un intero sistema socio-economico è il cibo, u manciari.
La prima cosa che le mamme, le nonne ti chiedono è se hai mangiato, la prima cosa che fanno appena sveglie è programmare colazionespuntinodimetàmattinapranzomerendacena e u manciaridopocena davanti a C’è Posta per Te; la prima cosa che verificano dopo un viaggio è se l’accenno di ciccia sui fianchi ancora resiste e se il loro lavoro di ingrassamento a base di purpetti e mulinciani chini pre-partenza è stato sufficiente. Ma soprattutto la prima cosa che fanno per tutti i loro bambini chi stannu in Italia è il pacco, che chiamarlo semplicemente pacco gli fa perdere l’intrinseco significato contenuto nel contenuto: olio pasta salame provola origano salvia prezzemolo accia alloro pestodimandorle pestodibasilico pestodipistacchio pestodipomodorisecchi bottigliedisalsadaunlitro damezzolitro dasettecentocinquanta pomodoripelati oliveschiacciate carciofisottolio pumadorusiccagni giardiniera acciughe capperisottosale pipareddi’isettanni friselle piccole medie grandi croccanti friabili durecomelapietra pentole mestoli acetodivino mappineperasciugareipiatti biscottiaS marmellatadiarance difichi dipesche a cutugnata, praticamente una vera e propria putìa in un pacco.
La Sicilia è questo, abbondanza quasi volgare ma straordinariamente familiare.
Tutto cambia quando con il cibo il tuo rapporto non è dei migliori, cambia quando hai un disturbo alimentare. Vanessa è anoressica, quella forma strana e assai bastarda che non ti costringe a vomitare ma ti impedisce proprio di mangiare. E per lei che è siciliana, per lei che in famiglia i momenti condivisi attorno a una tavola stracolma sono tanti, è un bel casino. Come si fa a non mangiare quando il piatto ti viene riempito, quando ti osservano, aspettano che tu finisca, chiedono se il sale è giusto, se l’olio è abbondante, se ne vuoi ancora o se sei sazia abbastanza?
Non c’è via di fuga.
Vanessa sa che ha un problema, ci ha lavorato, si è fatta aiutare, ci ha sbattuto la testa, litigato, e adesso ci convive come si convive con un brutto neo che vorresti asportare ma che resta con te per tutta la vita. L’anoressia le ha strappato fotogrammi di vita sociale, le ha fottuto relazioni, l’ha costretta a nascondere il suo corpo per paura di farlo vedere o forse per paura di vedersi. Vanessa per anni non si è specchiata lasciando davanti a lei lo stesso asciugamano giallo, per anni ha sbagliato la taglia dei suoi jeans, per anni non ha baciato un uomo perché non sapeva come farsi toccare. Vanessa ha anche elaborato delle strategie per non recare dispiacere, per gestire l’altra maledetta faccia della medaglia: cosa provano gli altri. È tua la malattia, tuo lo scompenso, tue le paturnie, i sacrifici, le sottomissioni, e tua deve essere anche la sofferenza conseguente, perché quella, come il cibo, non va condivisa.
Vanessa ha pensato spesso di mollare sentendosi ingrata, sapendo di avere tutto, ma la vita è stronza, fortunatamente è stronza anche in questo e alla fine ha cambiato idea.
Capodanno l’ha passato lontano da casa, con le sue amiche, le sue certezze. Ha avuto momenti di terrore quando durante la giornata i locali dove mangiare si accumulavano, e si accumulavano le calorie, ha avuto voglia di inventarsi l’ennesima cazzata e sparire per qualche ora, camminare, sedersi su una panchina e pensare al mare, calmandosi. Ma non l’ha fatto, Vanessa è rimasta nel presente perché è lei che domina l’anoressia e non il contrario.
La prima cosa che le mamme, le nonne ti chiedono è se hai mangiato, tu rispondi di sì, Vanessa, anche se a volte non è vero ma continua ad avere il dominio di te, che di te in questa vita non ne avrai altre.