American horror story
Accendo la tv. Il ventilatore gira lento sopra la mia testa. Sono sulla vecchia poltroncina in pelle e il sudore mi ci ha fatto appiccicare sopra. Il notiziario apre con gli States in primo piano. C’è lui, “Mister President”, col suo bel parrucchino color diarrea.
Un riccone che voleva diventare presidente degli Stati Uniti a tutti i costi e ha smosso mezzo mondo per riuscirci.
Sono contento di non abitare più lì. E quello che vedo dalle immagini mi da conferma di questo. Hanno ucciso un altro negro. Una gang di poliziotti lo ha ammazzato in strada sotto gli occhi dei passanti. Lo hanno soffocato, in quattro addosso alla sua gabbia toracica e alla sua gola.
Ma mica è la prima volta! E non sarà nemmeno l’ultima.
Il motivo è predominare sui negri. I bianchi sono rimasti aggrappati ai secoli scorsi quando dalle loro belle abitazioni davano ordini ai loro schiavi disseminati nelle piantagioni.
Alcuni di loro adesso si sono tolti di dosso gli abiti d’epoca e si sono messi la divisa della polizia e vanno in giro a giocare al gatto col topo.
Li schiacciano come blatte che salgono dalle fogne e gli infestano casa. Che poi mi hanno sempre fatto ridere perché chi può dire chi sia arrivato per primo tra i due? E se dovessi trovare il prototipo di razza americana, quale sarebbe? Un mezzo francese, un quarto inglese e un quarto irlandese? O uno scozzese, mezz’ebreo, mezzo tedesco e con nonno polacco? Però rivendicano di essere americani!
Beh, anche i negri ci sono da sempre Quindi come la mettiamo?
Secoli di guerre civili, a volte a colpi d’arma da fuoco, a volte con scontri verbali. Ora però la disoccupazione, il Covid, la campagna elettorale hanno acceso i riflettori su un problema che è endemico: il razzismo.
Li vedi tutti manifestare, con in mezzo gli sciacalli. Quelle teste di cazzo che sono dappertutto e approfittano della situazione distruggendo ogni cosa. Tutti i delinquenti stanno dando il meglio di sé.
Ecco, queste sono le mele marce che forse per numero saranno maggiormente ispaniche e nere come dicono i detrattori. Può anche darsi. Ma cosa vuoi che sia, le teste di cazzo sono dappertutto come il prezzemolo.
Quella merda la ritrovi in ogni dove e così le teste di cazzo. Quando stai camminando qualche volta fermati e guardati attorno. Ti accorgerai che una testa di cazzo sarà sempre al tuo fianco. E se non vedi nessuna testa di cazzo forse la testa di cazzo sei proprio tu. Chi lo sa.
La terra della violenza. A scuola gliel’avevo scritto sul compito. Il professore mi lanciò fuori dall’aula. Difendeva la sacra immagine degli Stati Uniti giardino dell’Eden. I paladini del progresso contro la barbarie di altre nazioni. Loro! Che ti fanno arrosto sulla sedia elettrica, che con mezzo documento d’identità, dopo appena pochi giorni che vivi lì, ti vendono un fucile con la stessa facilità con cui compri un pacco di preservativi.
Una volta la madre di un mio amico aveva rogne con una sua vicina per i parcheggi. Le disse che non avrebbe tollerato oltre quanto aveva già fatto. Era l’ultimo avvertimento. Ed era andata proprio così. Il giorno dopo prese la pistola e sparò verso la finestra della casa di fronte e quell’altra invece di chiamare la polizia ricambiò amorevolmente con pistolettate che per poco non uccisero i bambini che giocavano lì intorno.
Poi negli ultimi anni abbiamo messo la ciliegina sulla torta con Trump. Indagato per traffico di essere umani, abusi su minori, però combatte l’immigrazione alzando il muro al confine col Messico. Lui che con orgoglio porta la bandiera americana nello spazio e poi apre alla caccia nei confronti di animali in via di estinzione e usa gli accordi sul clima come carta igienica per pulirsi quel culo sporco e rattrappito che si ritrova. Ovvio, a lui che cazzo gli interessa tanto ormai mica ne ha per molto. Il suo viaggio sulla Terra è quasi giunto al termine.
Faccio un po’ di zapping e non trovo nulla. Spengo. Il sudore cola via sulla mia pelle e non mi fa dormire. Dopo qualche tentativo riesco a staccarmi dalla poltrona e vado dritto al cesso. Mi è venuto duro. Fino qualche settimana fa scopavo con una ragazza che studiava lingue alla Bocconi. Le piaceva farsi ammanettare alla tavarca del letto ed essere riempita di Nutella. Poi era il suo turno con la panna montata. Ora lei se n’è tornata a casa dato che sono state riaperte le regioni e io sono costretto a farmi qualche sega pensandola.
Lo hanno soffocato, in quattro addosso alla sua gabbia toracica e alla sua gola.
Dietro la porta socchiusa del bagno c’è tutto quell’elenco di cose che ti aspetta per farti a pezzi. E allora ci pensi e ti siedi un’altra volta per vedere se ti scappa anche da cagare e rimandare tutto ancora per un po’. Lo sforzo è immane e il risultato ottenuto è uno stronzo irrisorio e l’addome in fiamme per la contrazione.
Tiri lo sciacquone e hai due scelte, aprire quella porta e riprenderti la tua vita assieme alle tue responsabilità o cercare di entrare nel water e farti risucchiare da quel vortice di acqua fetida e maleodorante.
Io che sono un uomo ligio al dovere e masochista con me stesso scelgo sempre la prima. Diciamo che in un modo o nell’altro sono sempre riuscito a cavarmela finora.
Comunque prima di questa mia divagazione dicevo che in America per ora si ammazzano tra loro per chi è più forte di chi. Chi sia arrivato prima e chi dopo. Chi è più duro e chi più debole. I bianchi non vogliono che casa loro sia divisa coi negri, gli ispanici e chi più ne ha, più ne metta.
Fin qui potremmo anche dire che vada bene. Adesso, però, a me è sorto spontaneo un dubbio.
Ma l’America non era casa dei Pellerossa?