Vivremo felici
Vivremo felici, vivrò felice! Sospeso il più tempo possibile nella distanza, pensavo a te nel sonno che non è sonno ma esistenza irreale. Sembrava ieri. No! Non un ieri inteso come un giorno preciso che ha scontato il giro delle lancette dell’orologio, ma un ieri che è fissato tra i grovigli della memoria, che è radicato nel dedalo dei ricordi. Allora… pensavo a ieri, a quel tipo di ieri, quando promettevamo di vivere felici! Di quel giuramento ne ho rammentato il profumo, veniva da lontano l’odore di pane caldo.
Lo sapevi, lo sapevamo. Io lo sapevo: eravamo leoni sdraiati sotto l’ombra di una quercia. Si godeva del divino accadere elencando desideri, mentre il vento del sud, forte, insistente ci soffiava contro, come volesse catturare i nostri pensieri prima che si trasformassero in parole. Ma eravamo leoni sdraiati sotto l’ombra di una quercia! L’ombra rasserena, quieta anche la voglia di pane caldo.
La notte, il tempo della notte, ha una luce bianca. L’abitudine è questo luogo incerto, questo tetto senza luci né odori, questo spazio senza cielo e senza stelle.
“Un clown, il cui effetto principale consiste nell’immobilità della maschera, deve mantenere il viso perfettamente mobile. Un tempo, prima di cominciare a fare i miei esercizi, usavo tirar fuori la lingua per sentirmi realmente vivo e presente prima di staccarmi di nuovo da me stesso. (…) Dimenticavo semplicemente che ero io quella faccia che vedevo nello specchio, voltavo lo specchio e quando avevo finito gli esercizi, o quando più tardi, nel corso della giornata mi vedevo per caso nello specchio passando, mi spaventavo: c’era un estraneo nella mia stanza da bagno, al gabinetto; un tipo che non sapevo se fosse serio o buffo, un fantasma pallido con il naso lungo; e allora correvo il più in fretta possibile da Maria, per vedermi nel suo viso. Da quando lei non c’è più non riesco più a fare i miei esercizi: ho paura di diventare pazzo.”(*)
Sapevi che esiste uno spazio senza contorni? Lo sguardo non riesce ad intravedere le cose, sembra di dondolare appesi nel vuoto, non avevo mai davvero avuto la consapevolezza di potere essere capace di demarcare il vuoto, che è molto più del nulla, molto meno del non essere.
Vivremo felici, nel sogno dei sonni che non fanno sentire i rumori del battere, i suoni del bisbiglio, gli odori del giardino della casa di fronte. Eravamo leoni e non lo sapevamo, sdraiati sotto l’ombra della quercia cantavamo i versi dei poeti antichi, uomini eroi, donne leonesse che dondolano spinti dal soffio degli dei.
Sospeso, da lontano ancora arriva qualche volta il profumo di pane caldo.
(*) “Opinioni di un clown” Heinrich Böll ed. Mondadori