Di perdite e altri smarrimenti
Una macchina fotografica era rimasta per due anni chiusa dentro un armadio, un armadio chiuso dentro a uno stanzino, uno stanzino chiuso in una casa.
L’occhio della camera chiuso anch’esso.
Gli oggetti spariscono, o meglio riescono a rendersi invisibili seppur rimanendo immobili in un luogo definito.
Le cose semplicemente non le vediamo, non ci interessano. All’inizio le cerchiamo, per un po’, Sarà fuori posto.
Dopo diventano smarrite e insieme a loro perdiamo l’interesse.
Se cambiate posto alle cose le cose si perdono e noi con loro.
Due anni, ventiquattro mesi, settecentotrenta giorni con il suo unico occhio al buio, costretta ad un sonno, in una camera oscura ma infertile.
Niente luce, niente rifrazione, nessun obiettivo. Un occhio tappato in una zona morta.
La macchina apparteneva a mio fratello che dovette rassegnarsi alla perdita e ad acquistarne un’altra, più moderna e con un obiettivo più grande rispetto al precedente.
Nella casa familiare la persona che ha sempre avuto il dono della sparizione è mia madre, sparizione personale e degli oggetti.
Dov’è tua madre?
Tua madre è sparita come al solito. Era una delle frasi canoniche di mio padre.
A una sparizione temporanea di mia madre corrispondeva l’abbandono simultaneo e spesso incauto di un oggetto.
Di solito una caffettiera sul fuoco, o una pentola che attendeva invano la pasta da cuocere.
Non capivamo se li dimenticasse davvero oppure non gliene importasse nulla.
Ci lasciava in una situazione di allarme perché quegli oggetti incontrollabili potevano essere gestiti soltanto da lei, come mio padre…
E in effetti non ho mai capito se mio padre temesse di fare la fine della pentola sui fornelli di cui mia madre aveva deciso di non occuparsi più.
Abbandonata con il fondo bruciacchiato.
Poi d’improvviso riemergeva dal suo buco nero, sbuffando e dicendo che era stata via soltanto per qualche minuto e che aveva tutto sotto controllo e che mio padre era il solito brontolone, anzi esagerato ed allarmista!
Il pranzo era salvo, il caffè aveva fatto un giro giù per il piano della cucina. Poco male.
L’apparecchio fotografico lo ritrovò lei, un giorno aprì l’armadio e semplicemente era là.
Credo che fosse stata la macchina fotografica a trovare mia madre.
Alzò il telefono: l’ho trovata!
Che cosa mamma? disse mio fratello
La tua macchina fotografica, non capisco chi possa averla messa dentro l’armadio nello stanzino, avevo cercato anche lì. È un vero mistero.
Mio fratello non disse nulla, andò a riprendersela per poi venderla, anzi svenderla, a un conoscente.
Questo rafforzò in noi che nulla potevamo contro le capacità di illusionista di nostra madre.