Racconti d’estate – La fuga di Susan
E quindi siete sposati da dieci anni?
Sono troppi?
Non lo so, sono troppi per lei?
La misura del troppo è il suo conto dottore, evidentemente se lo sto pagando, dieci anni sono troppi.
Marzia avrebbe voluto essere da un’altra parte e non a fare terapia in quello studio gelido.
Negli ultimi tempi non voleva essere dove si trovava, mai. A casa, al lavoro, da questo dottore che aveva scelto lei per placare le stanchezze.
Sapeva che la sua famiglia era al corrente di questo suo momento d’astio, davano la colpa al troppo lavoro, alle troppe richieste; avevano scelto insieme questo dottore perché pensavano che lei avesse semplicemente necessità di parlare.
Perché spesso si era svegliata la mattina col pensiero ingombrante di quelle persone che spariscono nel nulla e cambiano nome e vita da un giorno all’altro.
Ma lei voleva solo riposare, di chiacchiere ne spendeva fin troppe in ogni occasione.
Erano stanche le gambe, le voglie, i desideri, tutto bloccato dentro ad una nuvoletta nera implacabile che le procurava terribili emicranie.
Rispondeva male, mancava di comprensione e di pazienza.
Aveva pensato anche a un paio di giorni da sola in vacanza.
Non bastano, ma grazie, pensava lei dentro di sé.
Non bastano.
Di cosa aveva veramente bisogno?
Il dottore a quaranta euro l’ora la stava prendendo troppo alla larga e lei voleva risposte immediate.
Perché spesso si era svegliata la mattina col pensiero ingombrante di quelle persone che spariscono nel nulla e cambiano nome e vita da un giorno all’altro.
Pensava alla storia di quella donna chiamata Susan che in America un bel giorno era salita in macchina per andare a fare la spesa salutando marito e figli normalmente e aveva iniziato a guidare, fino a lasciare lo stato e poi il seguente e poi il seguente ancora, fino ad arrivare ad un Motel; poi era scesa dalla macchina, aveva deciso di passarci la notte e di cercare l’indomani un lavoro.
Come se niente fosse.
E come una criminale in evasione era riuscita a pagarsi il cambio della targa, una nuova identità e un nuovo cellulare per scappare letteralmente dalla sua vita.
Da quanto tramava la fuga per essere così ben organizzata? Si chiedeva.
Quanto dolore provocano i fuggitivi alle persone che restano in attesa del loro ritorno? Nell’incertezza della loro sorte? Questo pensiero terrorizzava Marzia, nessuna madre vuole dare un dolore alla propria famiglia, così grande.
Ma quando già dal primo mattino manca il respiro e tutta la quotidianità si muove informe e densa attorno a sé e ogni panorama è privo di luce; la vita non può fare male in questo modo, ci sono tante tragedie, ma neanche in questo modo, pensava.
Osservava suo marito la sera, assopito e perso nei suoi pensieri e, anche se non l’ammetteva, sapeva che si stava sentendo in maniera molto simile alla sua.
Perché così nessuno è felice.
Anche questo infligge dolore a lungo andare, corrode lentamente tutti gli attori della commedia.
Marzia osservava la persona accanto a lei a cena, al suo compagno di strada. Quindici anni e passa insieme. Appena arrivato il primo figlio erano stati buttati in una centrifuga, dentro la quale riuscivano a malapena a sfiorarsi le mani, a guardarsi, a riconoscersi.
Ma tutto era come predefinito e si erano scelti, erano giovani, avevano imparato a conoscersi e doveva andare così.
Avrebbe dovuto parlare subito, quando il disagio era affiorato chiaro e contundente, ma con le parole non era mai stata molto brava. Non riusciva a verbalizzare la stanchezza dei giri e rigiri e rigiri di quello che si succede senza soluzione di continuità.
Osservava suo marito la sera, assopito e perso nei suoi pensieri e, anche se non l’ammetteva, sapeva che si stava sentendo in maniera molto simile alla sua.
Chi dei due fuggirà per primo? Si chiedeva.
Da poco Marzia aveva iniziato di nuovo ad ascoltare selettivamente i pensieri della sua testa che riguardavano lei, non le diecimila soluzioni che doveva trovare al giorno ai problemi altrui, aveva iniziato di nuovo a percepire una certa vitalità dalla vita in giù, aveva ritrovato la curiosità di provare qualcosa di assolutamente nuovo nella sua vita.
Vuole farmi un esempio? Le chiede il dottore.
Non saprei, un corso di sub, parapendio, lezioni di basso, risponde lei.
Tutto questo casino faceva arrabbiare Marzia oltremisura, nessuno l’aveva obbligata a sposarsi, non è una donna degli anni trenta in un matrimonio di convenienza. Loro si sono scelti e ci credevano.
A cosa credevate? Chiede di nuovo il dottore.
A una buona parte di felicità insieme, risponde.
Forse è una questione di resistenza, dice ad un tratto il dottore. Vi meritate la felicità, è così. Tutto ciò che facciamo dobbiamo farlo per amore. Anche le scelte più estreme. Se è ciò che la guida, allora lei è sulla strada giusta.
Anche se fosse la stessa strada di Susan? Chiede lei.
Un nome molto appropriato per quella scelta, dice il dottore abbozzando un sorriso.
Quella sera Marzia ritorna a casa, mangiano insieme come sempre. I figli sono ognuno nel proprio mondo.
Scelgono un telefilm su Netflix con il marito, ma la serata è calda e decidono di sedersi fuori in terrazzo.
Sono stati in silenzio per un’eternità.
Senti un po’, prendiamoci tutta la felicità che ci meritiamo, dice lei.
Lui le prende la mano e rimangono così per tutta la notte.