Furto 15 – Il muco
La cosa che più mi disgusta in assoluto è il muco.
Muco per me non è solo quella sostanza gelatinosa che fuoriesce dal naso, muco è tutto ciò che mi ricorda il muco, appunto. I formaggimuco, gli yogurtmuco, la fruttamuco, i sughimuco, i giochimuco, le lumachemuco.
Insomma, non è facile vivere in un mondo pieno di muco.
Qualche giorno fa mi trovavo per caso davanti alla porta della missione in Africa. Le mura che circondano la casa sono molto alte e a volte ho bisogno di uscir fuori per prendere aria, per respirare, per debellare dalla mente la sensazione di trovarmi in prigione, ché la claustrofobia è sempre dietro l’angolo pronta ad attaccare.
Mentre ero lì, tranquillo, vedo in lontananza un bambino che mi saluta con la mano. Ricambio, saluto allegramente e continuo a godermi l’aria fresca.
Il bambinoinlontananza in men che non si dica diviene il bambinoinvicinanza, talmente in vicinanza da potermi accorgere che un rigolo denso e verdastro gli scende dal naso, fino a tangere la bocca. Trattavasi di muco. Ho smesso di respirare. Faccio segno al bambinomuco di rimanere immobile, imito una statua, cerco di capire se ha capito. Così è. Sembra aver capito.
Corro in casa, vado in camera, prendo dalla borsa un fazzoletto di carta. Corro fuori, mi blocco, rientro e prendo un altro fazzoletto. Averne due mi permetterà di non tastare la densità del muco, così che non mi rimanga sensorialmente impressa per settimane. Corro fuori, mi blocco, rientro e prendo una salvietta imbevuta. Perché con i “non si sa mai” ho vissuto gran parte della mia esistenza, e quella che stavo vivendo era per antonomasia una situazione da non si sa mai. Corro fuori, stavolta non mi blocco.
Il bambinomuco è lì, immobile, il rigolo di muco è diventato a doppia corsia. Butto giù della saliva, chiudo gli occhi quasi a sperare di sognare, mi prendo di coraggio. Mi avvicino al bambinomuco, gli indico il naso per chiedergli il permesso di operare, che alla fine il naso è pur sempre il suo. Mi guarda inebetito. Rifaccio il gesto. Di sicuro ci saremo fraintesi perché sta dirigendo le sue mani verso il naso. Ciò avrebbe comportato uno spargimento mucoso inestinguibile e sarei dovuto fuggire disumanamente lasciandolo in una valle di muco. Pertanto decido di agguantare i due fazzoletti, uno sull’altro, e di tirare via tutto senza aspettare alcun permesso. Passo poi la salvietta imbevuta per completare il lavoro, soddisfatto e sollevato. Per sicurezza gliela passo su tutta la faccia e sul collo, così, per scrupolo. Il bambinoinvicinanza sorride, odora la salvietta, mi dice qualcosa nella sua lingua. Sorrido anch’io, non capisco cosa mi dice ma quello di annuire dopo avergli praticamente tolto uno strato di pelle dalla faccia mi sembra il minimo. Continua a parlarmi e continuo ad annuire, alternando qualche yes sparso qua e là.
Improvvisamente il bambinoinvicinanza sgattaiola via ad una velocità boltiana.
Lo seguo con lo sguardo. Torna ad essere il bambinoinlontananza.
Faccio per girarmi e andare in casa, guardo le mani per sicurezza: sono salve. Ho ancora con me le armi del delitto. Devo correre a buttare tutto nel cestino, non si sa mai.
Sento delle voci. Riconosco quella del bambinoinlontananza. Mi giro, mi sbagliavo. O meglio, avevo ragione in parte. Il bambinoinlontananza si è trasformato in bambiniinlontananza. Tanti. Nel tempo necessario affinché tutti divengano bambiniinvicinanza riesco a contarli. Sono sette. Sicuramente vorranno giocare, devono voler giocare, che altro accidenti. Devo solo andare a buttare questi maledetti fazzolettimuco.
E invece no, le mie attese di gioco vengono miseramente vanificate.
I bambiniinvicinanza meno che uno, quellodiprima, sono tutti bambinimuco. Chi a singola corsia, chi a doppia corsia, ma pur sempre bambinimuco. Respiro. Li guardo. Sorrido. Sorridono. Il bambinodiprima mi indica il suo naso. Mai gesto fu più esplicativo. Faccio segno ai bambinimuco di rimanere immobili come prima, imito una statua come prima, cerco di capire se anche loro hanno capito. Prendo il bambinodiprima e faccio in modo che divenga il mio assistente, anche lui imita una statua. Così è, sembra abbiano capito.
Corro in casa, vado in camera, prendo dalla borsa un fazzoletto di carta. Corro fuori, mi blocco, è un deja vu. Rientro e prendo una stecca intera di pacchetti di fazzoletti, e tutte le salviette imbevute in mio possesso. Corro fuori, sudo.
I bambinimuco sono rimasti dove li ho lasciati, insieme al bambinodiprima che li ha controllati.
Stavolta non chiedo il permesso. Comincio da quello messo peggio, il cui rigolo di muco ha oltrepassato anche la bocca fino ad arrivare al mento. Passo poi ai due bambinimuco a doppia corsia, ai due bambinimuco a singola corsia, fino ad arrivare all’ultimo bambinomuco che ne aveva un accenno appena, ma che per non restare indietro stava addirittura iperventilando per farselo uscire. Passo a turno anche una bella salvietta imbevuta, i bambinimuco, ormai solo bambiniinvicinanza, iniziano a dirmi cose simili a quelle che mi diceva il bambinodiprima. Stavolta non annuisco. Blocco il canale uditivo e mi concentro. Bisogna immaginare il non si sa mai più apocalittico possibile. E il non si sa mai più apocalittico possibile è che tornino ad essere bambiniinlontananza e si moltiplichino portando con sé nuovi bambinimuco. Non ce la potrei fare a reggere il bambinodiprima con i bambiniinlontananza con nuovi bambinimucoinlontananza che sarebbero divenuti bambinimucoinvicinanza. Anche perché sto finendo le scorte di fazzoletti. Chiudo gli occhi, cerco di trovare una soluzione.
Ecco. Ci sono!
Riattivo vista e udito, dispongo i bambini in fila, prendo un fazzoletto e mi pulisco il naso. Lo faccio per almeno tre o quattro volte fino a farlo diventare rosso. Consegno loro un fazzoletto a testa e gli faccio capire che devono imitarmi. Alcuni comprendono immediatamente, altri fanno più fatica ma alla fine riescono ad utilizzare il fazzoletto correttamente. Ad ognuno poi ne regalo un pacchetto. Al bambinodiprima, quello che aveva generato il circuitomuco, consegnando i fazzoletti gli dico:
Non si sa mai!
Da quel giorno, quando i bambiniinvicinanza mi incontrano per strada o i bambiniinlontananza mi vedono uscire davanti alla missione alzano il loro pacchetto di fazzoletti al cielo, inquietantemente intatto, gridando uno sconnesso non si sa mai, con rigoli di muco a far loro compagnia.