Natura morta con figure (da una storia vera)
(Antefatto)
Ci mancavano pure i milanesi. Sempre all’ultimo mi devono chiamare! Avevo preparato tutto me stesso a una bella scampagnata, anche se la meta era il mare di San Vito. Trattoria e stanza prenotata, soprattutto Lorenza prenotata, tempo che più stupendo di come sarà domani non poteva essere; e ora come glielo dico a lei, e lei come glielo dirà che non deve più prendersi il permesso che si era permessa di prendersi dopo tanto e tanto tempo, all’avvocato?
– Cose che succedono, l’avremmo detto a Gino, ma lo ha richiesto Wim Wenders per tutta la giornata. Lo sai, meglio di Gino col tedesco…
Bla, bla, bla: cornuto! Che ci vorresti dire al mio tedesco? La verità è che i bei servizi li dai sempre a Gino, e dillo che è il tuo fidanzatino, e a me i soliti tour tra spazzatura, caldo e borsaioli che paiono lupi per come sanno scegliere all’istante la preda più distratta.
– E comunque sono sempre bei soldini, non hai detto che ti servono per la casa nuova?
Già, i soldini, già, la casa nuova. E come rifiutavo queste tre giornate?
– Ah, dovrai portarli a vedere anche il “tuo” quadro, lo vedi che ti penso?
(Rettorato dell’Università di Palermo, interno giorno)
E adesso mi gioco l’asso, sono tutti commossi al punto giusto.
– Anche Camilleri ha voluto esprimere la sua idea su questo capolavoro: un narratore che se ne volesse ispirare, ha affermato il grande empedoclino, avrebbe di che scrivere fino alla fine dei suoi giorni. E in effetti …
– Biii, fino alla fine dei suoi giorni! Sempre esagerato è questo Camilleri?
Mi alzo in punta di piedi per capire chi abbia pronunciato, e con cadenza strettamente panormita, la frase che ha contestato non tanto me quanto il pensiero del gran maestro di Vigata. Ma nessuno che abbia in faccia un cenno di sorriso, che alzi la mano o che so io, che si faccia avanti per continuare il suo pensiero. Avrò sentito male? Boh, mi decido a continuare come se non fosse successo nulla.
– In effetti, dicevo, il quadro è così pieno, così affollato di vita, anche se di vita recisa, da non presentare praticamente spazi vuoti, ridondante com’è di cibo, probabilmente a buon mercato, di carni, di pesce, di verdure della terra: chi ha studiato a fondo l’opera ha contato un’ottantina di prodotti diversi esposti. E potremmo ancora aggiungere: così animato di persone, costrette quasi tutte in quel cunicolo come lo chiama lo stesso Guttuso, in quel passaggio stretto dove è impossibile ignorare un altro compratore che lo percorra in senso opposto, dove devi per forza tenere conto dell’esistenza altrui. Non ha ragione allora Camilleri a dire che si potrebbero intessere storie e intrecciare destini all’infinito?
– Ma piffavuri! E anche quando, che storie scimunite si potrebbero mai scrivere per questi quattro gatti che si vedono?
A questo punto spengo il mio proverbiale aplomb.
– Ma insomma! E’ intollerabile! Chi è che parla e va dicendo queste cretinerie?
E nel frattempo penso che hanno deciso di boicottare la mia presentazione: sarà qualcuno venuto a scassare i cabbasisi, oppure uno di “Palermo Ti Guida” che vuole screditare la mia associazione.
– Calma professò! Sono io, il quadro. Stia tranquillo che gli altri non mi sentono, anzi non sentono neanche lei quando parla con me, perciò si rilassi: è da un po’ di tempo che volevo scambiare quattro chiacchiere. Io per questo mi sono presentato: sono anni che ascolto e vedo le sue visite guidate, e pur riconoscendole una certa bravura e competenza, mi fa male sentirle raccontare ogni tanto qualche minch… imprecisione, ecco!
Ci sarà davvero un incantamento che tiene tutti prigionieri in questa sala, compreso me, compreso il quadro che ha parlato
Calmarmi e rilassarmi? E me lo sta chiedendo nientepopodimenoché un quadro di tre metri per tre! Intanto io, Antonio Manca, esperto d’arte e guida turistica che parla correttamente tre lingue, ne avrei abbastanza di motivi per essere nervoso: e non per l’esercizio della professione in senso stretto, ma ad esempio per l’enorme ritardo con cui mi pagano i servizi, o per gli scippi sciagurati che minacciano i fragili omeri di anziane londinesi che attraversano piazza Marina convinte di trovarsi a Piccadilly, o per le gincane studiate a tavolino tra certe viuzze del centro storico onde evitare per quanto sia possibile l’olezzo variegato di cassonetti traboccanti spazzatura non ritirata in tempo.
Dovrei almeno considerare che questo possa essere un banale trucco, un imbroglio, che questa voce non possa essere quella di un quadro, seppur così importante: eppure non so, mi fido anche se mi prende per il culo, per cui addirittura gli rispondo:
– Ah benissimo, non capita tutti i giorni di trovare qualcuno che ne sa più di me sull’argomento, e poiché io mi ci guadagno il pane, posso approfittarne?
– La servo subito, professore: a quanto ho capito in tutto questo tempo, anche lei si schiera tra quelli che sostengono che Vucciria nasca dal termine francese boucherie. E mi può anche stare bene! Ma lo sa che invece il maestro non fu mai d’accordo e pensava invece che era proprio per via delle abbanniate, della confusione, della voceria tra venditori e compratori? Perché dire il contrario, quando lui non lo ha mai dichiarato?
– Guarda, io ancora non ho capito perché ti do ascolto, ma oramai mi sono talmente sputtanato – e chissà cosa mi dovrò inventare con i turisti – che vorrei arrivare almeno a capirti. Tu ti ritieni depositario di tutte le verità, anche di quelle che non appartengono al tuo spazio bidimensionale, solo perché sei stato dipinto dal Maestro?
– Ma quando mai: una cosa dissi? Le chiedo scusa, non ci pensi più, come non detto, professò.
Silenzio: finalmente!
Mi riprendo un po’ dallo sconcerto ricordando il motivo per cui mi trovo lì. Mi volto indietro a guardare il gruppo di turisti, tutti ancora a bocca aperta, con la meraviglia appiccicata sulla faccia: possibile che non abbiano sentito nulla?
Ci sarà davvero un incantamento che tiene tutti prigionieri in questa sala, compreso me, compreso il quadro che ha parlato e che adesso sta di nuovo zitto: non so dire se adesso mi dispiace.
Cerco di ricordare il punto in cui ero arrivato, e proprio mentre sto per riprendere il filo del discorso, riecco la voce:
– Mi scusi, un’altra cosa professore, poi torno nel silenzio. Vogliamo parlare di quello che c’è al centro del quadro?
– Il centro? A cosa ti vuoi riferire?
– Ma a quella donna naturalmente, quella che qualcuno ha definito “dalle chiome brune e dalle gradevoli forme”, quella che regge i due sacchetti della spesa.
– Ah si, quella di spalle. Effettivamente sì, “dalle chiome brune e dalle gradevoli forme” è una descrizione decisamente calzante.
– Professò, quello è un culo come ce ne sono pochi, e non solo tra i quadri di Guttuso! E dico anche che si meriterebbe ben altro che il centro del quadro: io dico che potrebbe candidarsi seriamente ad essere il centro del mondo.
– Ma smettila, ti sei fissato? Sì, ammetto che sia gradevole, ma non più di tanto poi, alla fine.
– Professore guardi, io ho una certa esperienza, mi sono fatto una certa cultura sull’argomento: il maestro ne ha dipinti cosi tanti, e quasi tutti nudi, che mi sento proprio di parlarne con autorevolezza. E dico che questo è il più bello che abbia mai pittato!
Pur sorridendo a questa sua nuova, credo che il quadro stia adesso esagerando: ma senza mostrare troppa impazienza dico:
– Adesso ritirati, orsù, e fammi lavorare: hai detto anche troppo per essere una natura morta con figure. Questo come saprai è un sottotitolo che il Maestro ti ha dato. Dunque addio!
Di nuovo silenzio, ma nuovamente per pochi istanti; come da voce che si allontani, sento però distintamente commentare:
– Maestro, che peccato: giusto giusto il più bello hai rivestito?