La tigre bambina
Da quando è molto piccola Marta piange.
Non nel modo e per le ragioni che tutti si aspettano.
Lo fa perché la realtà a volte è come quel mostro del libro che le leggeva sua mamma.
Doveva essere un elenco di mostri divertenti perché il libro era colorato e l’intenzione buona; mostri per non aver paura dei mostri. I mostro mostrino divertenti.
La piovra rubava il gelato, il drago si infuriava, la mummia era parecchio nervosa.
Marta invece non nutriva simpatie, sono mostri e basta mamma, le diceva.
Anche se cercava di comprendere non riusciva a trovarli divertenti; sotto nessun aspetto.
Ed erano dappertutto, a detta delle sue spie.
Andava riempendo in maniera strategica le stanze della casa con piccole sentinelle peluche: nello studio c’erano un gatto sotto la scrivania e un coniglio vicino alla lavagnetta.
In cucina un aquilotto vicino alle arance; il pesce palla si era posizionato in bagno.
Nella sua stanza l’esercito era organizzato in modo più preciso: orso grande sul comodino, orso piccolo sotto il comodino, coniglio e gufo dentro il comodino, scimmia e delfino sul letto ai piedi, zona destra, cagnolino ai piedi zona sinistra.
A che servono tutte queste sentinelle? Le chiedeva la mamma.
Mi proteggono dai mostri, mi informano dei loro movimenti, rispondeva.
I pianti avvenivano fuori dai suoi fortini, quando sentiva di non essere protetta.
La mamma era convinta che dipendesse dalla musica blues e soul ascoltata durante la gravidanza.
Se partivano certe melodie di Billie Holiday, Marta tuonava infastidita: mamma togli queste canzoni per favore, diceva.
Parlano d’amore figlia, le diceva sua madre.
Se l’amore è triste non è bello, rispondeva Marta.
Una volta prima di andare al letto aveva detto, mamma io vorrei diventare una nuvola e vivere nel cielo così, senza paura
La mamma si crogiolava cercando soluzioni, preoccupata che da grande queste paure potessero aumentare e diventare incontrollabili.
Piangeva la bambina quando era molto stanca, piangeva quando si avvicinava un cambiamento, quando non riusciva più a inquadrare un momento, quando c’era troppo buio, piangeva se sentiva la storia della balena con la coda mozzata che vagava nel Mediterraneo.
Ha pianto tanto salutando la maestra all’ultimo anno di scuola materna.
Tutti gli altri bambini sembravano tranquilli e allegri, ma lei non riusciva a rasserenarsi.
Il mostro è il tempo che passa e non è divertente, proprio come quelli del libro, gli altri non capivano, si guardavano confusi, dicevano, una bambina troppo sensibile, troppo così non va bene.
Tutti provavano a fare le battute divertenti, questi adulti. Ridi, dai ridi, le dicevano.
Crescere non va bene mamma, diceva.
Gli adulti erano definitivamente dei mostri che non capiva.
Sporcavano il mare, uccidevano per diletto gli animali, seminavano cattiveria. Trovavano che bisognava ridere quando qualcuno aveva paura e probabilmente necessitava soltanto un po’ di comprensione e ascolto.
Il tempo che passa l’avrebbe trasformata in una di loro.
Una volta prima di andare al letto aveva detto, mamma io vorrei diventare una nuvola e vivere nel cielo così, senza paura.
Ma la piccola aveva trovato un giorno un superpotere.
Dipendeva da certi libri che le erano stati regalati; erano libri sugli animali della savana e la tundra.
La tigre è forte. La leonessa è forte. Le avevano insegnato il senso del coraggio.
Se ho paura, diceva, io divento una tigre.
Così se Marta sentiva che c’era una situazione molto strana, pensava alla giungla e diventava una tigre feroce.
ROARRRR mamma. Io non ho paura. Guardo in faccia il mio nemico e non mi lascio abbattere, diceva.
Con il suo esercito di sentinelle peluche se ne andava a caccia di mostri, la bambina tigre.
Soprattutto di quelli che volevano sembrare divertenti e non lo erano per niente.