El mejor
Fila chilometrica davanti ad uno dei due sportelli funzionanti dell’ufficio postale. Una di quelle primavere romane che dopo le piogge monsoniche e il gelo del mese prima scoppiano di fiori, colori e afa senza darti il tempo di metabolizzare.
A metà c’è un ragazzo sulla trentina, abiti sportivi e zainetto in spalla. Indossa un paio di occhiali da sole scurissimi, di quelli che nascondono completamente lo sguardo. Gira di continuo la testa da destra a sinistra in pieno disagio da attesa. Ha in mano la ricevuta per ritirare una multa. La maltratta più volte, poi le dà un’ultima occhiata e la caccia furiosamente nella tasca posteriore dei jeans. Alla fine della fila pazienta una signora sulla cinquantina, immersa nei pensieri da telefonino. Molto elegante nel tailleur di taglio maschile, occhialini in titanio, borsa supergriffe. Pallida, poco trucco, aria sofferente accentuata da un collare ortopedico che le impedisce la visuale intorno. E a giudicare dagli odori e rumori che arrivano la cosa non le dispiace troppo. In uno dei suoi sguardi di ricognizione il ragazzo la nota e le fa cenno di avvicinarsi. Magari ci conosciamo, pensa la donna strizzando gli occhietti miopi. Dopo una breve esitazione decide di raggiungerlo. Il ragazzo la prende sottobraccio salutandola con molto slancio. Scattano le lamentele della gente rimasta indietro. “Anvedi, è arrivata l’amichetta. E qui ce stanno i fessi”. L’amico ritrovato la difende: “Ma non ha un minimo di comprensione?” “Ma de che, c’ha il collare, mica il catetere… qui i problemi ce l’abbiamo tutti…!” Si inserisce un’altra nobildonna dopo un’occhiata indagatrice: “La signora non è in stato interessante, giusto? A che titolo può sorpassare la fila?” “La signora è con me. Io stavo solo tenendole il posto. Può andare bene o le devo fare un’autodichiarazione scritta?”, e accompagna la grammatica impeccabile con un ghigno sarcastico piuttosto inquietante. I rivoltosi decidono saggiamente per il silenzio, ma non smettono di controllare ogni loro mossa. Lui rinuncia effettivamente alla sua operazione cedendo il posto. Attende che lei finisca e la scorta all’uscita.
A metà c’è un ragazzo sulla trentina, abiti sportivi e zainetto in spalla. Indossa un paio di occhiali da sole scurissimi, di quelli che nascondono completamente lo sguardo
Una breve conversazione ed è già tempo dei congedi; lei verso il taxi, lui verso il suo destino, a piedi. Le ha chiesto l’indirizzo, sarebbe anche vicino ma non ha voluto accettare passaggi, lo guarda allontanarsi e pensa che vorrebbe entrare in una delle cento tasche del suo zainetto, e accompagnarlo ovunque, almeno per un po’. Una volta a casa decide per un bagno ristoratore prima di pranzo. Che elimini sudore e ricordi. Iniziano i riti della svestizione delicata per non affaticare il collo. Tiene gli occhiali fino all’ultimo prima di entrare in vasca, ci vede veramente poco, senza. Mentre aspetta che la vasca sia piena, guarda nello specchio e canticchia. Le rughe, non troppe, dai, i capelli sottili, le guance rosse per l’agitazione. Con un gesto automatico si ravvia i capelli, quindi si blocca, terrorizzata, urla: “L’anello!!!!” mentre osserva il vapore cancellare la faccia sul vetro.
Anche lui arriva a casa presto e si infila in bagno. Rigira tra le mani un anello di smeraldo purissimo, lo vede in controluce e allo specchio, lo prova su tutte le dita giocando e non entra che al mignolo. Poi lo mette in un bicchiere sul lavabo. Anche lui inizia una svestizione particolare. Toglie una lente a contatto scura, ora gli occhi sono entrambi azzurro-ghiaccio. Poi via la parrucca di ricci castani; si scopre una zazzera corta e biondissima da albino. Parla al sé stesso nello specchio, e sorride pensando che ormai la sua vera faccia lo specchio del bagno è l’unico a riconoscerla. “E brava Adriana, dei quartieri alti… hai voluto provare a fare Le commissioni, forse era il giorno libero della cameriera e sei scesa dal piedistallo in strada, ma ti è andata male… pensa che mi sbattevo per trovare i soldi di questa multa del cavolo… è che senza macchina ero fottuto… ma ora piazzo il tuo gingillo e mi sistemo per un po'”.
Quel pomeriggio Adriana lo passa a piangere di rabbia e di vergogna e poi davanti al comando dei carabinieri, in cui alla fine decide di non entrare. Il giovane ladro è già all’aeroporto che studia il tabellone dei voli in partenza. Stavolta ha i capelli ispidi e grigiastri sotto un cappellaccio a tesa larga. Quando appare l’orario del volo per Bogotà ha un sussulto di approvazione e corre verso il check-in. Una volta in fila caccia le mani in tasca e fa una smorfia disperata, ritorna indietro, di corsa, ricalcola a ritroso ogni metro percorso, lo sguardo fisso a terra. Si butta in ginocchio e sotto una fila dei sedili dell’attesa, lo trova. L’accendino con la A di glitter rosa. Sospira, ridendo: ” quasi mi perdevo il souvenir…” E via, verso l’imbarco.
Passa il tempo e se ne frega di tutti, come sempre. Ma a volte è tutto quello che ci serve. Adriana rientra a casa dal suo studio, non ha più il collare nè l’ombra di un sorriso. Dà un’occhiata al mobile dove di solito la domestica appoggia la posta. C’è qualcosa. Pubblicità, bollette, auguri di Natale, e una busta rosa. La apre per prima, incuriosita, forse gli auguri della nipotina da Londra. E invece no. È un biglietto aereo di sola andata per la Colombia. Insieme a un ritaglio di giornale con la reclame di un caffè, a Bogotá, “El mejor“.