A volte ritornano
A volte ritornano.
È una gentile signora in età, sulla settantina, tenuta discretamente, con un paio di occhiali spessi che ne rivela la miopia. Sempre sorridente e gentile. Terribilmente smemorata. Motivo per cui capita allo sportello ciclicamente, a volte in giorni consecutivi, in cerca di risposte, dato che da un giorno all’altro non si ricorda più cosa le sia stato detto.
Apre una cartellina colorata in cui giacciono impotenti, nel disordine più assoluto, un mucchio di fogli sparsi, che finiscono sparpagliati qui sul bancone.
“Cos’è che dovevo fare?”, è una delle domande che ormai si conoscono a memoria.
La seconda è “Quand’è che dovevo venire?”.
“Cos’è che dovevo fare?”, è una delle domande che ormai si conoscono a memoria.
Come tanti anziani la gentile e un po’ svampita signora ha tanti problemi di salute, dunque è frequentatrice abitudinaria di più di uno specialista di questo ambulatorio. Di conseguenza le vengono prescritti tanti controlli, esami e visite specialistiche di cui anche un’altra persona con la memoria più allenata farebbe fatica a tenere il conto.
“Forza Fiorella, mettiamo ordine!”. Non resta che risolvere insieme a lei il puzzle delle tessere sparse, sapendo che è una battaglia quasi persa.
Ecco, quel prelievo doveva farlo due mesi fa… ma non ricorda se ci è andata. E la visita quel giorno l’ha saltata, figuriamoci, ma dove avrà avuto la testa, possiamo darle un nuovo appuntamento?
Abbiamo provato a indagare se esiste un famigliare che possa prendersi cura di lei. Arriva sempre sola, non si sa come, sembra una persona come tante, anzi, perfino più gentile. Solo che la sua mente ha iniziato il percorso verso le nuvole, ed è sempre più leggera.
Un giorno scopriamo che ha una sorella. E un marito. La sorella è pressoché disperata, perché lei si rifiuta di farsi aiutare, convinta com’è di sapersela cavare. E il marito è in casa di riposo, forse messo peggio, e comunque lei si dimentica pure di andarlo a trovare. Si ricorderà di avercelo, poi, un marito? Chissà.
Non possiamo meravigliarci se non ricorda un appuntamento. Non si ricorda neppure della propria vita.
La guardiamo con compassione, le mettiamo in ordine le carte, ché la mente non possiamo, e ci rassegniamo a vederla tornare prestissimo.
Il sacerdote ha l’aria spaesata del pesce fuoriuscito dalla boccia.
A volte ritornano.
Il sacerdote ha l’aria spaesata del pesce fuoriuscito dalla boccia. Gironzola nel corridoio con andatura incerta e gli occhi sgranati. Un attimo prima che andiamo in suo soccorso si rivolge istintivamente a noi, qui allo sportello. Basta poco a capire che non sa bene cosa deve fare. Sembra convinto di dover fare una visita, ma non risultano prenotazioni a nome suo. Alla fine esibisce una impegnativa, e solo dopo qualche ricerca si scopre che deve prenotare una visita per problemi cognitivi. Ecco appunto. È nel posto sbagliato, lo si indirizza a quello giusto. E dopo un po’ lui ritorna. Non si ricordava già più perché era andato da quell’altra parte… Lo accompagniamo, pensando che sarebbero stati utili i recapiti di qualche parente, che lui ovviamente non ricorda, quando finalmente gli si accende la lampadina e diventa di colpo presente a se stesso. Non vuole aiuti. Non vuole che qualcuno venga a prenderlo.
Ci resta il dubbio: si sarà perso per strada? Avrà ricordato il suo indirizzo? Ma soprattutto, come si muove? In macchina? Gli succederà qualcosa?
Quest’ultimo quesito è presto sfatato. Qualche giorno dopo si ripresenta. Bene, almeno non gli è accaduto nulla. Stavolta è anche arrivato nel posto giusto, solo che non sa il motivo per cui si trova qui. Oh cielo!
Parte un’altra indagine, si sa che i sacerdoti sono spesso soli, e chi si occupa di questa creatura? Scopriamo che è molto amato dai suoi parrocchiani, i quali fanno a gara per prendersi cura di lui, lo invitano a pranzi e cene, gli tengono in ordine la canonica, lo aiutano come possono. Scopriamo che è celebre per le sue prediche, sempre originali, avvincenti, che riempiono la chiesa la domenica. Tutti si sono accorti del suo declino, da quando proprio i sermoni non sono più gli stessi e li deve leggere invece di andare a braccio perché la memoria non va più come prima; li legge e ancora perde il filo. La tristezza avvince i parrocchiani sconsolati. Un giovane sacerdote ha affiancato quello più anziano e smemorato, la messa è assicurata, andate in pace. Ma pace in paese non ce n’è più molta.
A volte ritornano.
La mente umana a un certo punto decide di averne abbastanza del mondo reale. Meglio un mondo dove i pensieri galleggiano per conto proprio, agganciati a un filo di nulla, come palloncini ripieni di elio sfuggiti di mano a un bimbo.
I ricordi diventano un optional che si ferma a qualche decennio fa.
Ieri, o ieri l’altro, non è mai esistito.
foto di copertina di Photoholiday da Pixabay