La clessidra
I granelli di sabbia scivolano attraverso quel passaggio stretto stretto, si tuffano e planano con delicatezza sul fondo. Mi domando se qualcuno tra quei microscopici puntini soffra mai di vertigini, se si sussurrino l’un l’altro parole di incoraggiamento per scacciare la paura di lanciarsi. Perché io, personalmente, un pizzico di paura a fare quello che fanno loro ce l’avrei. E comunque spererei che quegli attimi di puro terrore fossero giustificati da altrettanti attimi di vita vissuta, non sotto-vissuta. Appoggio il mento sui palmi delle mani a coppa, come quando da bambina mi incantavo a guardare l’acquario: “Clessidra, clessidra dei miei sogni, quali sono i più bei tempi che hai scandito?”.
Le due ampolline diventano sfere di cristallo che leggono il passato e mostrano due giovani innamorati che si tengono per mano mentre passeggiano sul lungomare di una Napoli dei primi anni Sessanta. A un tratto lei si ferma e dalla borsetta tira fuori un regalo per lui, sul bigliettino che lo accompagna ha scritto “per segnare ogni momento del nostro amore, così forte da sfidare il tempo”. È il suo “sì” alla proposta di matrimonio che lui le ha fatto ieri e che in quel preciso istante le ha paralizzato la lingua.
Giorno dopo giorno, anno dopo anno, la clessidra assolve fedelmente il compito che le è stato assegnato in quel bigliettino, senza fare alcuno sconto ai periodi bui, ai litigi, alle porte sbattute e alle parole taglienti molto più di coltelli affilati. Tre traslochi, ma il suo posto è sempre lo stesso, sul comò in camera da letto. È lì anche quando lui, troppo stanco ormai per proseguire il viaggio della vita, si congeda da lei con un baciamano che ha il sapore di altri tempi, quelli da cui tutto ha avuto inizio.
“Prendila, voglio che la tenga tu, adesso”, dice alla figlia porgendole la clessidra. Un altro trasloco, questa volta in un’altra città, ma in casa il suo posto resta sul comò in camera da letto. Non c’è giorno senza che la figlia la arrevoti. Ogni giorno tranne uno, quando anche sua madre si dichiara troppo stanca, ormai, per proseguire il viaggio della vita. Quello è giorno di riposo per i chicchi di sabbia che dopo potranno godersi una settimana intera di ferie. L’ultimo tuffo non sarà per tutti.
La figlia ha smesso di piangere, prende tra le mani la clessidra, la arrevota ancora una volta e poi le chiede di sdraiarsi. Lei lo fa senza battere granello, vuole continuare ad assolvere fedelmente il compito che le fu assegnato in quel bigliettino.
Io penso a quell’amore così forte da sfidare il tempo e ringrazio la mia clessidra, perché i tempi di cui mi ha narrato sono davvero i più bei tempi che abbia mai scandito.