l’appeso
L’appeso sta in mezzo. Ha un abito che mi ricorda una divisa. Chi mi assicura sia un uomo?
Potrebbe essere chiunque.
Ci si abitua alle pose scomode. Sulla sua testa che guarda verso il mondo non c’è il sole, bensì la terra, la visione è rovesciata e il mondo è sottosopra.
Mai come adesso il mondo è sottosopra. E non c’è essere più adattabile dell’uomo.
Posizione scomoda la nostra, ci adeguiamo alle circostanze e non per questo il sole smette di splendere o la terra di girare.
L’appeso preferirebbe avere le mani slegate, riesce comunque a sgambettare, prova a compiere delle oscillazioni, ad ogni modo la testa è libera, il sangue affluisce e la rende più lucida, la visione è nitida.
Il mondo è popolato da asini e leoni, da angeli e da aquile. E lui, là, appeso a una trave, in equilibrio, in bilico. Ecco cosa mi ricorda adesso quell’abito!
Devo averlo visto al circo indosso agli omini che t’invitano allo spettacolo. T’invogliano, ti raccontano di visioni mirabolanti, di acrobazie impossibili, di donne che si ripiegano dentro una scatola, di animali che danzano. Uno spettacolo straordinario. Venghino siori, venghino, non potete perderlo!
Adesso il circo siamo noi. Uno spettacolo vario, senza pubblico, senza sipario. Fine dello spettacolo? Mai.
Che è la risposta alla pena dell’ergastolano: fine pena mai.
La dimora ci ha reso meno umani e più bestie in cattività, tutto è adattabile anche gli aforismi, piegati dalla necessità, infami.
Povera Patria, che a nessuno più appartiene, neppure agli ultimi scribacchini, “questo paese devastato dal dolore”.
“Appesi, sospesi, senza più calore.”
L’appeso sogna, sogna la distanza, sogna, e il mondo torna al suo posto, non esistono più zoo, nè circhi, i balconi sono rifugi per anziani traballanti e vasi di basilico e menta, per strada si cammina con una metà e il mondo non si guarda attraverso una provetta o un foglio di plexiglass. In tasca ha due biglietti per il teatro. Ha spento la tv, e l’inno nazionale lo suonano in campo, brutte vecchie abitudini. Ha chiuso anche i libri, tanto non capiva nulla negli ultimi giorni.
Sogna di scendere per strada da solo, non sente il bisogno di confusione, sente che la sua pelle è diventata la sua casa e c’è poco spazio per altro. Andrà da una vecchia in fondo al suo quartiere, quella che legge il destino.
Fammi le carte, girale scoprile, non fermarti, sai che non potrò pagarti.