Pensieri sotto le lenzuola (fase 2 is coming to town)
Poi in estate la gente si muove e fa un macello. La sai come fa la gente quando si muove in massa, vero? Beep boop. Clacson. Troia, coglione. Beep boop. Devi morire te e chi ti ha patentato, bastardo. Beep boop. In città per lo meno è così, poi quando si prende l’autostrada magari si distendono un po’ i nervi. Ma questo cosa c’entra con il virus? Mah, in effetti niente. Comunque che occorra evitare che quelli lì si ammucchino l’hanno detto per davvero. Del resto l’estate è l’unica occasione in cui gli italiani si muovono in massa. Gioacchino Murat è morto pensando: merda, io c’ho provato ma non si è mosso mica nessuno. E dire che per la rivoluzione Gioacchino aveva scelto Pizzo Calabro. Sai mai che con la scusa della tintarella gli venga voglia di tirare due colpi di baionetta, a sti trogloditi italiani. Anche no, Gioacchino. E alla fine gli italiani hanno preso a forconate nelle chiappe lui anziché i Borboni. I pensieri escono così quando il letto è caldo, il lenzuolo è sceso ai fianchi e le tapparelle, infami, spoilerano alla sveglia la prima puntata del giorno nuovo. Inizia la fase 2. Quando? Boh. Richiudo un occhio, nel frattempo.
Allora, ancora una volta, se la gente si muove troppo poi finisce che fa bisboccia e si infetta tutta. Maschi con maschi, femmine con cani, una cosa indecente. Lo sai come fanno quelli, parlano, parlano e alla fine ecco che ti hanno appoggiato la mano sul gomito per rinforzare la comunicazione. Alcuni sputacchiano, pure. Hai una sigaretta? Eh si bravo, hai capito tutto. Chiedi un bicchiere al bar, ma no bevi pure dal mio che sono a prova di Covid. Boom. Mi sembra di vedere una cartina dell’Italia appesa sull’armadio davanti al letto. Poi vabbè, ci sta che sia ancora un sogno, ma una delle poche soddisfazioni nella vita è assecondare gli ultimi sogni del mattino. Quindi decido che si, la vedo. Ci sono tante formiche sopra la cartina. Ce ne sono un mucchio nella zona di Milano. Tantissime. Anche altrove, a dire il vero, non mancano. Poi ecco che compare sopra la cartina la scritta estate in giallo fosforescente e c’è pure il punto esclamativo, che scrivere estate così, senza niente, c’ha poco senso. Uh, che caldo dicono le formichine, e allora si spostano tutte sul mare e in mezzo non c’è più niente. Ma proprio niente, se ne sono andate tutte al mare, schiacciate una sull’altra manco fosse Milano (marittima). Ed ecco che arriva uno di quei brutti animali con la proboscide che tirano su le formiche manco fossero cocaina. Si chiama Covid-19 quel cesso di bestia. Nella stanza intanto è apparso Gioacchino Murat. Si ravviva i ciuffi e dice: come ci godo, merde. Poi fa quel sorriso scemo che sanno fare solamente i francesi e qualche canadese del Quebec parente loro.
Che bello il canto di questo uccello. Dev’essere sul balcone. Tiro la schiena a destra. A sinistra. In alto. Poi raccolgo le ginocchia al petto. Clic. Oh, una vertebra. Un suono più grazioso ancora del trillo del volatile sul balcone. Fase 2. Non ho capito cosa sia cambiato, abbiate pazienza. Si può andare dalla zia di Forlì, mi pare. A fare, però? Sta arrivando il caldo, altro che la fase 2. Devo cambiare pigiama. E le lenzuola. E vita, anche. Adesso non la stare a fare troppo grossa, coglione. Chi ha parlato? Sono io, Gioacchino. Va bene, s’è fatto una figuraccia con te, Giò, ma adesso molla un attimo. Duecento anni son passati. Dai su.
Poi è arrivata la sveglia e si è portata via Gioacchino e la cartina d’Italia. Anche le formiche, spero. Sono seduto sul letto. Un’altra lunga giornata. Dalla notte affiora un ultimo ricordo. Piove, è estate e io sono piccolo piccolo. É mattino, ci sono anche i tuoni. Arriva mia nonna e mi dice di rimanere a letto ancora un po’, che non c’è ragione alcuna di alzarsi quando piove. Così mi dice. Ma io sono sveglio ormai, nonna. E allora leggi Topolino. Ma stai nel letto. Allora accendo l’abat jour, sfoglio Topolino e tutto sommato spero che la pioggia continui. Giusto un po’. Non si esce quando piove. Non si esce quando c’è il virus. Cosa cambia? Forse vorrei solamente essere bambino. E che me lo dicesse mia nonna di non uscire, non altri. Leggere Topolino. Aspettare che smetta di piovere e guardare l’arcobaleno. Quello vero, non quello spiaccicato sulle ringhiere dei balconi.
Non ho mai capito perché da bambino le cose si raddrizzassero nell’arco di una mattinata e ora invece ci vuole la fase 2. Perché il Parma vinceva la Coppa delle coppe e ora la coppa la mangiamo a tavola e basta. Perché della vita sfigata di Paperino ci si rideva e ora, ora boh, c’è poco da ridere poveretto. Mi accarezzo il mento con le dita dell amano destra. Stamattina mi accorcerò la barba.