Mignon al cioccolato
Entro in un bar, pago il caffè alla cassa e vado al bancone. Ordino. C’è una mamma in attesa col proprio figlio, lui avrà sei, sette anni. Diciamolo, ha una faccia antipatichella.
Mentre aspetto di venir servito la mia pancia fissa la vetrina che le sta davanti, poi lo fanno anche gli occhi. C’è un mare fatto di pasticcini farciti in ogni modo e colore. I miei preferiti però sono, da sempre, i mignon al cioccolato. Prendo sempre e solo loro. Stavolta voglio esagerare e ne ordino due, così torno alla cassa e li pago.
Il barista me li mette su un piattino, ne prendo uno e lo mordo ma rallento la stretta per godere del momento in cui sento il cioccolato solido, sopra il mignon, creparsi facendo quel rumore secco e sordo che ti fa ritrovare con un sorriso sadico sul viso. Proseguo e lo decapito. Ora sanguina cioccolato e allora bacio appassionatamente la ferita, le mie labbra tengono ferma la parte solida e la mia lingua delicatamente si poggia sulla lingua del cioccolato che fuoriesce. Ci sono baci ben più famosi che invidierebbero tutto questo pathos.
Godo.
Le mie papille gustative ringraziano, si alzano in piedi e fanno l’applauso.
Una volta terminato, afferro il secondo mignon e, a differenza del primo, in un sol boccone ne violento il corpo e l’anima di cioccolata gustandolo con estrema voluttà.
Finito il mio momento godereccio, il bimbo accanto tira la maglia della mamma e frignando le chiede: «Mamma voglio una pastarella anche io!»
«Non se ne parla proprio», risponde ferma e categorica la madre.
Il piccolo si zittisce e si immusonisce.
Lo guardo con soddisfazione e col pensiero gli dico: “È tanto bello essere bambini… ma a volte è più bello essere adulti. Tié!”