A schiena dritta
Da tempo volevo scrivere qualcosa su un modo di dire molto comune, al quale però si possono dare più chiavi di lettura: avere la schiena dritta. Prima di continuare (e anticipandovi che non troverete una risposta su wikipedia) vi invito a fermarvi e a chiedervi cosa significhi per voi.
Per come l’ho sempre sentito usare, avere la schiena dritta significa “essere tutto d’un pezzo”. Rimanda ad un’idea di stabilità e sicurezza, all’essere ligi al dovere, moralmente integri, affidabili, seri, ma soprattutto coerenti e fedeli alle proprie idee. Una persona con la schiena dritta non la pieghi, non la corrompi, non la distrai dal suo dovere. Accanto a questa chiave di lettura però, ammesso che io l’abbia interpretata bene, ce n’è un’altra che era a me sconosciuta e che origina nel mondo contadino. Veniva infatti definito “schienadritta” il fannullone, dal momento che per lavorare nei campi la schiena la si piegava eccome, mentre sul versante opposto la nobiltà ostentava un portamento altero, tenendola ben dritta. Queste due interpretazioni sono evidentemente opposte, ed è curioso notare come convivano pacificamente nella nostra cultura.
Noi pensiamo che essere umani sia la nostra condizione di partenza, invece è una condizione che va conquistata. È faticoso essere umani.
Scusandomi con il prof per la semplificazione, l’essenza di queste parole sta nel dire che raggiungere un certo equilibrio psicologico richiede uno sforzo esattamente come tutto il resto delle cose nella vita. Richiede uno sforzo alzarsi la mattina, richiede uno sforzo lavorare o studiare, richiede uno sforzo informarsi. Richiede uno sforzo essere gentili, richiede uno sforzo mettersi nel punto di vista di un altro, fare le cose che non ci piacciono ma anche (forse soprattutto) quelle che ci piacciono. Ha richiesto uno sforzo anche imparare a parlare, a leggere. Ma cosa saremmo oggi senza aver fatto questi sforzi? Ad un certo punto della vita, quando i genitori e gli insegnanti ti hanno fornito le basi scegliere se e come sforzarti sta solo a te. Fallire nel raggiungimento di eventuali obiettivi può anche essere demoralizzante, ma è quello che apprendi provando a formarti davvero.
Se oggi ci mettessero davanti una lista delle cose che sappiamo e che sappiamo fare e ci dicessero “A partire da questo momento non saprai né saprai fare più niente. Dovrai imparare tutto da capo”, quale sarebbe la nostra reazione? Immaginando che uno dei primi pensieri, imprecazioni escluse, sia “ci vorrebbero anni” beh, quegli anni sono passati. Gli anni passano comunque, e anche ciò che richiede tempo prima o poi lo si impara. Questo vale per i grandi sforzi, ma il discorso vale anche, e forse ancor di più, per quelli piccoli della vita quotidiana. Si sa che le piccole cose sono capaci di “fregare” più di quelle grandi. E così anche solo “scocciarsi” di salutare quando si entra in un negozio, di trattenersi dieci secondi e dare una risposta ragionata invece che una istintiva, di mantenere una postura corretta, diventano presto scoliosi dell’Io. Abitudini che quando le noti (o te le fanno notare) un po’ ti dispiace per aver lasciato che si costruissero, ma che ormai sono difficili da cambiare.
Forse allora, considerando tutto questo,“tenere la schiena dritta” significherà anche non dimenticarsi che se non fai niente per essere migliore o per migliorare la tua vita, niente e nessuno lo farà al posto tuo. L’inerzia, anzi, ti porta a perdere anche ciò che pensavi aver conquistato definitivamente. Del resto la testa è come un’automobile, se la si tiene ferma troppo tempo poi non funziona più. Ed essere umani richiede avere motori accesi, acqua nei serbatoi, ma soprattutto le mani ben ferme sul volante.