Italiani due volte, Cristicchi in tour 2020 con “Esodo”, Tappa romana al Teatro Vittoria
Simone Cristicchi, romano di tranquilla periferia, nasce disegnatore e continua cantattore. Matita, musica, teatro: le mie religioni…
Concittadino e coetaneo o quasi, schivo, dolce e riccioluto, è amico fraterno di Niccolò (Fabi) e, come lui, mio fratello virtuale. So molto, non tutto, di lui. Del resto chi può dire di conoscere qualcuno per davvero… ma rispetto al superficiale pubblico sanremese che lo vede da anni dimenarsi nei tormentoni simil leggeri, o commuoversi in piedi su una sedia mentre canta del disagio mentale, so quanta concentrazione, passione, memoria, energia è capace di mettere nel lavoro di artista della prosa pensata e poi parlata, nei suoi mille linguaggi, dalle tavole di un palcoscenico.
Il mio ufficio stampa meraviglioso e sveglio coglie al volo l’occasione di spedirmi a commentare la sua tappa romana del tour “Esodo“, argomento difficile di umanità scomoda, nello stile di Simone. Il titolo si riferisce al dramma delle foibe e all’esodo istriano e dalmata quando alla fine della seconda guerra mondiale quei territori furono occupati dall’esercito del dittatore Tito e quindi annessi alla Jugoslavia.
Non lo perderò, penso, per omaggiare Simone e la sua bravura e contribuire a togliere un po’ d’ oblio a questa storia vergognosa e oscura. Primo scoglio da superare, portare con me la giusta compagnia. Un animo sensibile, colto, paziente e riflessivo, non certo da pubblico di gare canore. La mia fida scudiera e collega pittrice quel giorno ha un impegno, mio marito è rimasto a Michael Jackson e Freddie Mercury, il mio compare trentennale di concerti punk e rock geografo e sociologo fa la notte al lavoro, aiuto. Non posso costringere qualcuno che si aspetti di sentire “Vorrei cantare come Biagio Antonacci” a torturarsi col ricordo di una pagina nerissima della nostra storia.
Mi viene in mente una persona che ho conosciuto grazie alla mia amica e a un coro polifonico in cui tutti noi cantiamo (matita, musica, teatro…): Sergio. In questi pochi mesi di frequentazione mi è sembrato sensibile, colto, paziente e riflessivo al punto giusto per accogliere la profondità dei testi di Simone come un dono e non un supplizio. Gli propongo di accompagnarmi, non mi risponde subito. È un riflessivo, del resto. Probabilmente si studia l’argomento dello spettacolo e solo dopo decide di accettare. Apprezzo la sua serietà.
Ci imbarchiamo, è il caso di dirlo, in una serata trafficata e umidiccia verso il teatro Vittoria, nel cuore di Testaccio, troviamo un parcheggio di fortuna e siamo miracolosamente anche in anticipo. Piccola nota zodiacale, io Luna in Capricorno, lui Sole in Scorpione siamo campioni di precisione e coerenza.
con gli accordi di Parigi del 10 febbraio 1947 diventava parte della Jugoslavia. Via l’identità italiana, via la proprietà privata accumulata con la fatica di una vita intera
Quelli di loro che avevano scelto la fuga verso altre regioni italiane avrebbero pagato cara quella decisione. Molti sarebbero rimasti per anni nei centri profughi, portando addosso il peso dello sradicamento, dell’indifferenza, o peggio ancora del ludibrio dei connazionali. Fascisti, venivano chiamati, in quanto si erano semplicemente permessi di difendere la loro identità di cittadini e di esseri umani. Molti di loro si lasciarono morire di malinconia.
Simone va avanti a raccontare, con un ritmo costante e un’armonia impeccabile, quasi da spartito musicale. Modula la voce di cantante sui vari registri dei personaggi che incarna, riprende fiato e lo toglie a noi che riviviamo quell’orrore grazie alle sue parole. E l’orrore raggiunge il culmine quando si arriva all’argomento dei martiri gettati nelle foibe, le fosse naturali della zona del Carso, per epurare il territorio degli ingombranti italiani. Conosciamo la storia di Norma, laureanda violentata e seviziata per ore e poi gettata come un rifiuto in un abisso, Marinella, bimba morta di freddo a un anno di vita in un campo profughi vicino Trieste, e quella di Giuseppe detto Geppino, il medico che operò ininterrottamente per 24 ore per soccorrere i sopravvissuti delle mine scoppiate a Vergarola, spiaggia vicino Pola, nella quale aveva appena perso i suoi due bambini. Ci ha tolto da tutti i ragionamenti, con le sue parole, Simone. Io e Sergio con le lacrime agli occhi!
Simone ci racconta che molti personaggi famosissimi avevano preso quel treno della speranza tra gli insulti dei connazionali, per poi faticosamente ricominciare dal proprio talento, con il cuore spezzato ma vivi. Laura Antonelli, Ottavio Missoni, Sergio Endrigo.
Recito perchè mi sento a casa. Canto perchè non saprei farne a meno. Recito perchè mi piace tenere il pubblico per più di un’ora dentro una storia, canto perchè mi piace raccontare una storia in tre minuti. Recito per diventare tante persone. canto per mostrarne una
La sofferenza degli esuli istriani e dalmati di cui restano gli oggetti lisi nel magazzino 18 sarebbe quella di ognuno di noi. Anche Indro Montanelli parlo’ della loro storia, definendoli giustamente “italiani due volte, la prima volta per nascita, la seconda per scelta”.