Una notte sbagliata, ecco come nascono i carnefici
Come quando si dice che le parole sono pietre, senza però che le pietre davvero facciano male, restando le parole nell’ordine della metafora, così non è stavolta: le parole si fanno davvero pietre che piovono in platea, dalle parole di Marco Baliani alle teste di chi v’assiste, un grido potente che parrebbe di denuncia ma denuncia non è.
È piuttosto una sottile introspezione, un lavoro di pura immedesimazione reso ancor più convincente da una composizione scenica di pari pregio, svolto a tutto tondo, nei riguardi tanto della vittima, come e forse soprattutto del carnefice.
Il percorso che ci viene proposto è non tanto, pertanto, nella storia narrata, torbida quando basta, ma nelle pieghe dell’animo umano
Il percorso che ci viene proposto è non tanto, pertanto, nella storia narrata, torbida quando basta, ma nelle pieghe dell’animo umano. Nelle pieghe più brutali, che ci riconducono alla somiglianza con le bestie, dove la violenza è padrona degli istinti, e la legge del branco diventa legge vera, dove il perdente soccombe e la storia viene scritta dai vincitori.
Ma non è tutto: l’introspezione prosegue, e s’impadronisce al suo climax del dolore dell’assassino. Avvertiamo come la sua malvagità si consumi in paura, si sciolga in pianto, prosegua nel rimorso, appena sbollita la rabbia, appena abbandonato il profilo di bestia.
E’ questa la vera forza del testo, che pare proporsi dall’inizio d’andar controcorrente: si vestono e si propongono panni che non si vorrebbero mai indossare, che fanno male, per fare male.
Abbiamo visto:
Una notte sbagliata
di e con Marco Baliani, per la regia di Maria Maglietta
scene, luci, video Lucio Diana
paesaggi sonori Mirto Baliani
costumi Stefania Cempini
disegni Marco Balianifoto di scena Marco Parollo
Si ringrazia l’Ufficio Stampa