Opera Restaurant, sembra New York ma è Napoli
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È il nome che si dà a una produzione teatrale, che sia originale o no; nell’arte rappresenta il frutto del processo creativo, anche di quelli meno universali; stando al vocabolario, è persino termine del settore agricolo, dove indica la manodopera a giornata.
A Napoli, però, il nome “Opera” è associato anche al buon bere e, da qualche mese, al buon cibo. È questo il marchio con cui Vincenzo D’Agosto ha dato vita, insieme ai soci Guido Guida, Ciro Zambardino e Marcello Frungillo, a un luogo unico. Anni trascorsi dietro il bancone di un bar nei due locali di via Solimena e piazza degli Artisti e poi l’upgrade: creare un brand e puntare al food.
ci si aspetterebbe di scorgere Woody Allen a un tavolo, perché l’atmosfera è proprio quella di una New York da cartolina
Una volta varcata la soglia, ci si aspetterebbe di scorgere Woody Allen a un tavolo, perché l’atmosfera è proprio quella di una New York da cartolina, quella genuina dei bar e delle notti dal sottofondo jazz, quella dello skyline pieno di luci tremolanti e romantiche. Ma qui non è New York, è Napoli, e “Opera Restaurant” rivendica con forza questa identità territoriale.
Lo fa attraverso la cucina mediterranea dello chef Raffaele Campagnola, storico nome del ristorante Veritas – dove ha lavorato come braccio destro dello stellato Gianluca D’Agostino – e da gennaio in “Opera”. Il suo ingresso in squadra è foriero di un menu terra-mare che passa attraverso delicati tortelli di pasta fresca fatta a mano ripieni di taleggio di bufala e conditi con una genovese che sembra crema da spalmare, tanto è perfetta la sua consistenza; coccio fresco accompagnato da frutti di mare e gamberi; puntarelle a far da contorno all’agnello; i mezzi paccheri con vongole veraci, lupini e broccoli baresi. Delicata – e perfetta per chiudere la cena – la cheesecake al limone con crumble di mandorle.
Vista la sua esperienza, Vincenzo D’Agosto non poteva lasciare al caso la lista dei vini, con la preziosa collaborazione del sommelier Steffen Wagner: 120 etichette, tra bollicine, bianchi, rosati, rossi e passiti. Chicca del menu, la drink list a tema e una lunga lista di tè. Per rifinire l’esperienza del gusto, “Opera Restaurant” ha ritagliato anche uno spazio per gli amanti della musica (jazz, ça va sans dire): di tanto in tanto il locale dedica ai propri ospiti live session da ascoltare (e guardare, perché no: il jazz coccola tutti sensi).
La cornice complessiva di questo quadro è perfezionata da una squadra di professionisti che prende molto sul serio quello che fa. “So di essere stato fortunato – afferma Vincenzo – e non me li lascio di certo scappare”. Non vuole essere un posto come un altro, e non lo è: “Opera Restaurant” è soltanto se stesso, per fortuna.
Siamo stati da:
Opera Restaurant
A Napoli, via Simone Martini, 2.
Info qui.
Si ringrazia l’Ufficio Stampa