“Neanche il tempo di piacersi” Marco Falaguasta in sella alla Cometa
Lo conosciamo in tanti, Marco Falaguasta: attore di cinema e di fiction, figlio di Roma e del popolo, padre di famiglia e tenero animalista, splendido cinquantenne in forma smagliante. La sua eleganza naturale ha avuto modo di farsi ammirare in serie di grande successo come “Distretto di Polizia” e “Centovetrine”, opere di grande lavoro frenetico e corale, prodotti edulcorati e patinati inevitabilmente dal passaggio televisivo. Ma la “prova d’attore”, che non si può evitare ne’ inventare é quella nei teatri, magari storici e raffinati come “Il Teatro della Cometa”, immerso nei magici Fori Imperiali. Un sogno, come ammette Marco stesso accennando con noi del pubblico alla sua storia personale, e un piacere per noi che lo ammiriamo da anni.
Per la regia di Tiziana Foschi, ex membro della mitica Zavorra di comici romani e coautrice del testo con Marco e Alessandro Mancini. Vado a vederlo, con una cara amica la sera della prima, quella dedicata alla stampa. Ci sono molti volti noti infatti, tra gli spettatori, non solo giornalisti ma anche suoi colleghi. Mi piace quando vedo i colleghi apprezzare il lavoro di altri artisti. L’arte per me dovrebbe rimanere un mondo pulito in cui non esistono logiche di potere e competizioni sterili ma pura gioia di condivisione di bellezza e di pensiero. Sono una sognatrice, lo so.
Prendo posto in sala e noto subito la scenografia moderna e minimalista distinguersi nettamente dalla classicità di velluti rossi intorno al palco. Modernissima anche l’alta figura di Marco vestito con jeans e maglietta, capello brizzolato e sorriso sincero. Comincia a parlare, solo, sul palco, delle sue evoluzioni umane e artistiche che ne hanno fatto un padre attento e affettuoso nonostante il lavoro atipico, che come noi genitori dalle vite molto più “normali”, si trova in difficoltà di comunicazione e comprensione coi figli adolescenti. Marco ricorda il bambino che è stato, ostacolato da una famiglia patriarcale e molto tradizionale che al tempo stesso però lo proteggeva e gli consentiva di crescere alla velocità giusta, facendo il bambino rispettoso, poi l’adolescente impacciato ma ottimista e poi il giovane uomo innamorato e in carriera. Le immagini tenere e ridicole che i suoi ricordi evocano mi riportano indietro di decenni, le nostre età e le nostre storie abbastanza simili. Grazie alle sue parole riesco a tornare l’adolescente insicura perennemente innamorata del tipo sbagliato che si rifugiava nei sogni e nelle confidenze con le amiche, fatte a voce, occhi negli occhi, come lui. Ora i suoi e i miei figli, che vivono le stesse insicurezze ed emozioni, le raccontano nelle storie di Instagram, con tanto di colonna sonora, e forse fanno più fatica a distinguere la vita dall’immaginazione… ma i ragazzi, la materia del contendere e dell’argomentare dell’intero spettacolo, sono sempre gli stessi. E sempre gli stessi i problemi di comunicazione col mondo adulto, prima per la poca attenzione ricevuta. e li ci si rifugiava con gli amici. Ora, per il muro di tecnologia che separa il mondo degli adulti “educanti” da quello giovanile. Adulti che tra l’altro fanno sempre più fatica ad accettare il tempo che passa.
Mi è venuto in mente un episodio reale vissuto all’uscita da scuola qualche anno fa. Una bimbetta bionda, tirando la manica del giubbottino in jeans glitterato per attirare l’attenzione della altrettanto bionda e riccioluta madre armata di Iphone e occhiali firmati in un’unica mano le chiedeva, serissima: “Mamma, ma perchè non ti vesti da vecchia come le altre mamme?” E lì, tra il sorriso e il rimpianto, mi sono chiesta se la corsa all’oro dei ragazzi verso una maturità fittizia troppo accelerata e gli affascinanti inganni del virtuale non dipendesse principalmente dalla corsa all’oro degli adulti verso l’eterna spensieratezza della gioventù con annessi e connessi problemi di relazione e di assunzione di responsabilità.
I ragazzi sono sempre gli stessi: un tempo chiedevano, oggi pretendono, sempre più autonomia e libertà di agire e di decidere, ma ora come allora hanno bisogno di attenzione. Perchè a camminare da soli si impara dopo che una mano forte ci ha indicato la strada. Noi non osavamo ammetterlo, loro fanno finta di fregarsene. Ma la realtà non cambia non cambierà mai, credo.
Marco e i suoi dubbi paterni vi aspettano fino al 29 febbraio 2020 a Roma, Teatro della Cometa.