Un ring per Muhammad Ali al Piccolo Bellini
Per cosa vale la pena combattere? Quanto siamo disposti a batterci per le nostre opinioni? È pensabile spendere una vita intera a ribadire il proprio pensiero? A filare dritto cocciuti con un progetto in testa?
Muhammad Ali lo ha fatto. E non solo durante tutta la sua esistenza terrena. Il suo esempio rimarrà per sempre indissolubilmente fuso nel suo mito. Di fatto, ancor oggi, la sua causa continua ad avere un senso, forte, importante, imponente, assertiva, quantomai moderna e sempre attuale. Rinnega Cassius, il nome da schiavo ricevuto dalla sua famiglia, per rinascere in Muhammad Ali, colui che è amato da Dio. Un soldato, questo diventa il campione del mondo dei pesi massimi, uno dei soldati dell’esercito della giustizia sociale, esercito da sempre avversato, vilipeso, attaccato, respinto come la peste.
In scena al Piccolo Bellini di Napoli fino al 23 febbraio, un pezzo della vita del grande campione.
Uno spettacolo di Pino Carbone e Francesco Di Leva
drammaturgia Linda Dalisi
con Francesco Di Leva
scene Mimmo Paladino
costumi Ursula Patzak
musiche Marco Messina e Sacha Ricci
luci Cesare Accetta
regia Pino Carbone
produzione NEST Napoli Est Teatro
È pieno di forza il giovane atleta, è pieno di pensieri il suo cervello, non riesce a fermarsi. Veloce quanto e più del suo gancio. Sa che può fare della sua vita un capolavoro, lasciare un segno, eterno e molto più profondo delle cicatrici che lascia sulla faccia dei suoi avversari. Può essere un semplice pupazzo sforna soldi come tanti oppure uno che fa del suo sport una metafora che sia da esempio per tutti gli ultimi del mondo. Di tutti coloro che non hanno avuto la fortuna di nascere con i pigmenti giusti sottopelle, con gli impulsi sessuali declinati come opinione comune vuole, di tutti quelli che non sanno come fare per trovare salvezza e sperano di alleviare il dolore nella resa. E Muhammad decide di dipingerla la sua opera d’arte, ogni giorno, ogni attimo della sua vita. Dà seguito alle sue intenzioni, trasforma in concretezza quelli che sono trasparenti pensieri. “Se la mia mente può concepirlo e il mio cuore può crederlo, allora io posso compierlo”. Quanto pesano queste parole, quanto immenso valore hanno ancora oggi, momento storico di regresso sociale, di disumanità elevata a brand di libertà espressiva, libertà sulla bocca di figli della tv commerciale, privi di senso critico e gonadi gonfie di orgoglio. Rivendica la sua unicità il campione, e non perché il migliore di tutti, ma semplicemente in quanto persona, degna di ogni rispetto come tutti gli uomini della terra. Perde il suo titolo il campione, in difesa di un popolo che avrebbe dovuto uccidere. E invece sceglie la vita, il sacrificio, la coerenza, la prosecuzione della lotta civile, molto più difficile e cruenta del ring.
Grande omaggio la bella drammaturgia di questa piece. Rende onore a un uomo che ha usato il suo talento come veicolo di pensiero
Impattante il regista in scena, al pari di un attore, qui nei panni di un coach ai bordi del ring, americanamente abbigliato e tabagista, insomma, non il massimo della simpatia, ma perfettamente funzionale al mood narrativo. Non si è risparmiato mai Francesco Di Leva in palcoscenico. Ha proposto con convinzione e doveroso trasporto il suo Muhammad. Candidato in questi giorni come attore protagonista ai David di Donatello per il film “Il sindaco del rione Sanità”, fa un certo effetto sentirlo recitare in italiano.
Grande progetto, grande valore, grande amore il motore di tutto, ne sono certo.
Abbiamo visto “Muhammad Ali” al Piccolo Bellini di Napoli in scena fino al 23 febbraio 2020
Si ringrazia l’Ufficio Stampa
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