Atti osceni, ipocrisia senza tempo
Cene eleganti, club privèe, tavolate borghesi riservate a pochi intimi, a cui erano ammessi in pochi, selezionati, giovanissimi. Soffuse luci di candela, sguardi che si scambiano ammiccanti cenni d’intesa. Serate che proseguono in camera da letto, soffocate dalla promessa di un ingombrante silenzio, pagato con denaro e con regali importanti.
No, non siamo ad Arcore ma a Londra, e non dieci ma centotrenta anni fa. Il protagonista delle cene eleganti fu Oscar Wilde, e l’ambiguità e la sregolatezza del suo comportamento furono causa di scandalo ben maggiore, per l’epoca, di quelle assurta alla cronaca del Nostro, col quale però condivide l’esito della vicenda, che ebbe importanti sviluppi giudiziari. Il processo ad Oscar Wilde fu per l’età vittoriana il processo del secolo.
Each man kills the thing he loves, gli uomini uccidono ciò che amano. Ed è in questa tendenza all’annichilimento, all’annientamento, al continuo e decadente alternarsi tra il distruggere e il costruire la sintesi del pensiero dandy di Oscar Wilde. La condanna a due anni di lavori forzati per omosessualità al termine di un processo civile da lui stesso intentato, e due penali che ne furono conseguenza, è l’unica cosa certa nelle cronache giudiziarie, tenendo conto delle diverse versioni di quanto fosse accaduto nell’aula di tribunale. George Bernard Shaw, Lord Alfred Douglas, Frank Harris, e lo stesso Oscar Wilde, fornirono ognuno un proprio personale e diverso resoconto della cronaca giudiziaria.
Non si credeva mai che il teatro potesse farsi aula di giustizia, sostituendosi nel racconto e interpretando la Storia attraverso il teatro, ma Moisés Kaufman, autore e regista newyorchese di origine venezuelana, riesce nell’impresa di raccontare quanto è accaduto, attraverso un interessante, avvincente e convincente montaggio di reperti tratti dai verbali giudiziari e altre testimonianze. Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, con un cast imbattibile di nove straordinari attori, conduce la storia oltre se stessa e la vicenda oltre il tempo cui essa è appartenuta, rendendola più attuale che mai e compiendo una crasi sperimentale dalla quale emergono con forza l’arte e le sue passioni, la libertà, il sesso, la gioventù e l’omosessualità, l’opera dello scrittore, la decadenza dell’uomo, il genio e la sregolatezza del poeta.
Sembra di assistere davvero alla sua condanna, di percepirne il dolore interiore, di sentire l’odore della sua angoscia, la sua stanchezza. Ci colpisce e irrita il naso la puzza del pregiudizio, l’ipocrisia dei signori benpensanti, il senso sdegnato del pensiero puritano, la messa in stato d’accusa del genio che non merita se stesso, perché è un pederasta, perché è un pervertito.
Ci colpisce con durezza, come un pugno in pieno petto, il verdetto finale. Un giorno in pretura avremmo sofferto di meno. E’ questo il teatro che si fa Storia, laddove la Storia s’era fatta teatro. Sarebbe per noi da rivedere; consigliamo a voi di vederlo almeno una volta.
Abbiamo visto:
Atti osceni. I tre processi di Oscar Wilde
di Moisés Kaufman
regia, scene e costumi Ferdinando Bruni, Francesco Frongia
con Giovanni Franzoni, Riccardo Buffonini, Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Giuseppe Lanino, Giusto Cucchiarini, Filippo Quezel, Edoardo Chiabolotti, Ludovico D’Agostino
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