Sostiene la prof
Breve storia:
Quest’anno ho accettato, dopo molti dubbi e tentennamenti, una supplenza a scuola.
Da persona incosciente e imprudente quale sono, ho deciso di ignorare i discorsi di chi, lavorandoci da tanti anni, aveva pensato bene di avvertirmi sul vaso di pandora che avrei scoperchiato; ho messo timbro e firma senza esitazione in quel contratto, stretto mani ed elargito sorrisi.
Benvenuta, cara incosciente e imprudente nuova insegnante di sostegno (lo sguardo della preside diceva proprio quello).
Avrà un finale felice questa storia?
In questi primi quattro mesi di osservazione, ho l’idea che innanzitutto si sia compiuto un processo di ri-alfabetizzazione di cui l’esimio filosofo è il più contento, perché si sa, gli esimi filosofi non amano gli strafalcioni e tendono al sei meno meno per un nonnulla. Per diciotto ore alla settimana ascolto nozioni che avevo dimenticato, ripasso geografia, matematica, storia, mi cimento con due lingue, uso di nuovo tecniche di pittura ormai archiviate, insomma esco dal tunnel dell’analfabetismo funzionale con grande lode.
La parte scoperchiata e inquietante di cui vorrei parlare riguarda invece il trambusto alla sfera emotiva che non mi aspettavo minimamente
Io non sono una persona disinteressata anzi, leggo, scrivo, mi informo, ma ad un certo punto certi concetti elementari li avevo messi in soffitta dimenticando tutto; fino ad ora. A quarant’anni devo fare di nuovo i conti con le tabelline, l’Impero Romano, le espressioni matematiche, la tombola in francese, gli stati della materia, la tecnica della tempera e le prove per fare la carta artigianalmente.
Fino a qua tutto bene direte voi, dove sta la parte spaventosa?
La parte scoperchiata e inquietante di cui vorrei parlare riguarda invece il trambusto alla sfera emotiva che non mi aspettavo minimamente; una ginnastica emozionale alla quale vengo sottoposta da quando ho iniziato questo lavoro.
Noi, tutti noi, ad un certo punto diventiamo gli adulti che siamo, questo mi sembra palese: ci conosciamo abbastanza bene, ci guardiamo allo specchio la mattina e sappiamo più o meno prevedibilmente come reagiremo a determinate situazioni, cosa ci piace e cosa no riguardo alle persone e al loro carattere, in cosa crediamo (parlo di valori), quali sono in linea di massima le nostri opinioni (su tutto ciò che esiste al mondo, diciamoci la verità e questo è un vizio da social di recente acquisizione).
Davanti ad un gruppo di preadolescenti in ascolto la prima volta, non ho pensato soltanto al consiglio che mi era stato dato di non mostrare loro la paura (sembra che se ne accorgano e attacchino con facilità); ho avuto un reale giramento di testa : era il momento in cui stavo iniziando a mettere in discussione tutti i prevedibili comportamenti meccanici, le reazioni composte e scomposte che conosco di me, quella che pensavo fosse la giusta dose di pazienza giornaliera, i miei fidatissimi istinti, ma soprattutto i miei pregiudizi.
Non me l’aspettavo.
Davanti ad un gruppo di preadolescenti che aspettano che chi fa le veci di insegnante abbia qualcosa da dire loro, si fa un’esperienza terapeutica.
Facciamo che si deve mettere in ordine la testa fin da subito. Misurare i pensieri, applicare i giusti filtri prima di parlare. Coltivare la prudenza e l’ascolto. Ci obbliga a informarci bene sul concetto che vogliamo esprimere, un gesto rivoluzionario oggigiorno.
Nessuno di noi ha la verità. Me lo diceva spesso la Signora Ambrosi, la mia insegnante di italiano al Liceo. Se qualcuno ti dice di averla, scappa.
Ma essere sinceri, è fondamentale.
Questa visione dall’interno mi ha obbligato a rieducarmi.
A fare tutti i lavori che devo fare con dedizione.
Sono una psicologa, sociologa, antropologa, tutto allo stesso tempo.
E vi dirò di più: non con i ragazzi (non sempre).
Spesso con i genitori, qualche volta con gli opinionisti dell’ultima ora sulla scuola e sull’insegnare, raramente con qualche collega stanco, sempre con me.
Ricordo i miei insegnanti delle medie e del liceo e mi chiedo cosa faceva la differenza tra di loro; quali sono quelli che ricordo di più e per quale motivo.
Bene, le caratteristiche che ricordo meglio (e che apprezzavo di più) riguardavano la loro fragilità e il senso profondo del rispetto. Come a dire: sono un essere umano davanti ad un altro essere umano.
Sono passibile di errore e lo sei anche tu.
Questa non è una breve storia, ne avrò da raccontare.