L’Oro Di Matera
Dicono che non sembri neanche Italia. O forse si. Ma un’Italia che ormai non si vede più, nascosta sotto strati di contemporaneità e usi bastardi importati da altri luoghi del mondo.
Mentre si discende nei vicoli stretti e pietrosi, tra le rocce arrotondate e i mausolei di imperi ora in rovina, si avverte una sensazione strana. È come se il tempo si fosse fermato, seduto anche lui ai tavoli all’aperto di una taverna rustica, a gustare formaggi saporiti che sfrigolano sulla griglia, ad addentare pasta spessa e indurita dalle mani di sfoglia, e ad inghiottire vorace le braciole di carne appena rosolate insieme agli odori di erbe selvatiche e aromi naturali.
Ma tra le pietre adibite ad abitazioni si scoprono cose vecchie e nuove, racconti di passati sconosciuti e futuri non ancora scolpiti. E alle persone pare di ritrovarsi in Siria, in Egitto, in qualche altro paese mediorientale. I colori ocra e marroncino scottati dal sole caldo del Meridione, le signore anziane sedute in circolo fuori dai portoni di casa, che chiacchierano, spettegolano; commentano le loro visioni di mondo e si raccontano le une con le altre, inventandosi un avvenire che forse non arriverà mai. Un medio oriente italico, tanto che Mel Gibson ci girò la sua Passione di Cristo. Matera assomiglia alla Terra Santa più della Terra Santa stessa. Quella sua vegetazione brulla, e le gole a strapiombo su un fiume seccato dal caldo d’estate ci riportano alla mente quegli anni cristiani, fatti di rivoluzioni e predicazioni, che da una terra promessa e sconosciuta sono riusciti ad insinuarsi nei cardini di una civiltà che ha fatto la storia dell’Occidente.
Poi ci sono i Sassi, magnifico retaggio di modi diversi di abitare. Uno scandalo, venne definito da qualcuno. Le persone costrette a vivere in case di grotta, prive dei più basilari servizi igienici. Forse erano davvero la vergogna d’Italia, ma per qualche motivo sono rimaste nel cuore. Un simbolo, una visione, una fantasticheria. Riposano lì sotto il cielo stellato, a dimostrare che le case di grotta una volta erano realtà. Erano le dimore di uomini e donne che forse la storia ha trasfigurato in elfi e nani, piccole anime accoccolate nelle viscere della terra a condurre un’esistenza fatta di sogni e pulci, di duro lavoro e di scenari svaniti.
E quindi giù a correre per le strade strette e tortuose, a perdersi nei labirinti rupestri e ad inginocchiarsi sugli altari sotterranei che hanno visto molti sacrifici nel corso del tempo e dei loro lunghi anni. Qui si respira aria buona, aria di futuro e passato che si ritrovano insieme al tavolo, a giocare una partita a carte destinata a rimanere in sospeso.
Magari sono solo colpi di sole, o allucinazioni prive di qualsiasi senso. Ma l’oro di Matera è questo. Bisogna sentirlo, non capirlo. Bisogna ammirarlo in silenzio, senza sporcare troppo la sera con domande e spiegazioni che non riescono veramente a cogliere il significato di tutto questo. L’oro d’altra parte non è che un tesoro. I tesori non hanno bisogno di parole o delucidazioni. Basta semplicemente viverli.