Ricomincio tutto l’otto gennaio
Siamo strani, noi esseri umani: aspettiamo il primo settembre per fare buoni propositi e aspettiamo il primo gennaio per i cambiamenti. Un conto alla rovescia, quel fatidico 3,2,1…carico di adrenalina, come se il cambiamento fosse nascosto proprio là dietro, dietro l’uno di cui sto parlando e il tappo di sughero dello spumante che salta.
Abbiamo bisogno di un alibi, o forse di dare un fattezza alla speranza? Speranza che magicamente si materializzerebbe tra il trentuno di dicembre e il primo giorno di gennaio. E dopo? Dopo svanisce, quella magia scompare e ricomincia quella cantilena, quella che quasi ognuno di noi propone a se stesso
“oggi non riesco, oggi non ho tempo”
Invece no, il primo di gennaio tutto sembra possibile, realizzabile, alla nostra portata. Il primo gennaio sa di vita ancora da vivere perché il primo gennaio ha da sempre queste caratteristiche. Qualcuno ha deciso che si doveva ricominciare proprio quel giorno, così come qualcuno ha deciso che il quadrifoglio porta fortuna o che il Natale ha il colore rosso o che i dodici chicchi di uva mangiati la vigilia di capodanno fossero augurio di fortuna. Sono belle le leggende, ancor più le tradizioni, ma ancor più bella e magica è la concretezza, il tempo afferrato, quello vissuto e non rimpianto.
C’è una linea sottile, un’arma a doppio taglio rappresentata dalla convinzione di essere, come dire, eterni, che ci fa dimenticare che non lo siamo e che tutto fugge e passa. Abbiamo bisogno di una spinta, di segni dettati dal calendario per poter dire che tutto forse può cambiare, che il sole inonderà le nostre giornate perché in un modo o nell’altro lui sarà dentro di noi. Impareremo ad usarlo questo benedetto tempo perché vinceremo noi e non quella cantilena del “oggi non riesco, oggi non ho tempo”.
Siamo strani noi essere umani, forse abbiamo solo bisogno di un alibi per credere. Il primo gennaio ce l’abbiamo, il primo gennaio si può, si deve; il primo gennaio il sogno è a portata di mano. E va bene, va bene appigliarsi anche a questo, ma dopo ci siamo noi. E non dobbiamo più trovare scuse. Abbiamo noi stessi a portata di mano, non più il primo gennaio sul calendario.
E allora l’otto gennaio che si fa? O il dieci? O il primo di febbraio, di marzo? Il dieci di maggio?
Si vive. Semplicemente, faticosamente, realisticamente, si vive.
Buon otto gennaio, ripartiamo da qui.