Furto 2 – Il lago d’inverno
Cara amica mia, ti scrivo oggi perché il lago d’inverno mi ha messo una strana malinconia addosso.
Ho le scarpe sporche di fango, qualche foglia attaccata, il freddo mi ha intontito le dita delle mani. C’è un pontile di fronte a me che accarezza l’acqua e si spinge verso il centro, con dei ciuffi d’erba gelata a tifare per lui.
Com’è bastarda la vita. Ti vedo qui, nella panchina accanto, sorridi, sei felice, il brutto male è andato a fanculo. Ricordo come se fosse oggi, mi chiamasti e con una calma abominevole mi comunicasti che avevi un tumore. Rimasi calmo, anch’io. Mi sembrava quasi insensibile reagire, piangere insieme, chiederti da cosa era necessario partire; ma siamo partiti, senza dircelo siamo partiti amica mia. Il tuo piccolo minimondo si è attivato, i venerdì alcolici con la nostra lei, il sostegno a distanza dell’altra lei, la preoccupazione mischiata alla paura si è rimodulata in azione, perché il maledetto invasore andava distrutto, insieme, disintegrato.
Il lago non ha le onde del mare, quel flusso continuo e inarrestabile che alimenta speranza, che ti fa anche incazzare talmente è vitale. Il lago è immobile, il lago aspetta.
Quando andammo a Milano, era febbraio, e sul lettino la chemio ti attraversava il corpo, anche tu eri immobile, sorridevi, ma avevi paura. Accanto a te c’era una giovane signora senza capelli con un foulard celeste sulla testa che di lì a poco ha tolto. Ti ha guardata molte volte, forse si rivedeva in te qualche mese prima; tu hai ricambiato, forse vedevi te qualche mese dopo. Credo che quello sia stato uno dei momenti più intimi della nostra amicizia, tu mi hai scelto, tu ci hai scelti, abbiamo corso amica mia e nonostante le fitte al fianco, il sudore sulla fronte, la tachicardia, quel bastardo l’hai sconfitto.
Ti vedo qui, nella panchina accanto, sorridi, sei felice, il brutto male è andato a fanculo.
Oggi questo lago è per te, è tuo, perché contiene le risate quando da bambini ballavamo Il mio nome è Jem o ci lanciavamo giù per la discesa ghiacciata di casa a cavallo dei nostri sacchi del pattume volanti; contiene la fatica che ci hai messo a costruirti un futuro; contiene la tensione affettiva di tua madre, di tua sorella, di tua nipote; contiene le lacrime che non hai fatto scorrere sul tuo viso per dimostrare che anche in questa occasione dovevi essere forte, come la riva di questo lago che non vuole lasciarsi spezzare dalle pietre che lanciamo.
Cara amica mia, ti scrivo oggi perché il lago d’inverno mi ha messo una strana malinconia addosso. Adesso siamo qui con le scarpe sporche di fango ed è strano sai, finalmente possiamo immaginare i prossimi capodanni ignoranti assieme, il tumore ha perso, il tumore ha perso sì.