Look Like al Piccolo Bellini di Napoli
Dove si annida la disperazione di Chiara? Da cosa nasce? È l’interrogativo che grosso quanto un macigno accompagna interamente “Look like“, atto unico andato in scena la sera del 19 novembre 2019 al Piccolo Bellini di Napoli, spettacolo inserito nella rassegna Take Four a cura della Bellini Teatro Factory.
Due ragazze in biancheria intima e tacchi alti camminano in scena. La noncuranza delle hostess che tranquillamente indicano i posti a sedere mi stranisce
Chiara è una quasi diciottenne, cinica, ambiziosa senza talento, abbagliata dai lustrini, spesso tristi, del mondo dello spettacolo. Non è contenta di sé, per quanto sia comunque molto bella. Ha bisogno di una trasformazione che la renda la più bella del reame. Quindi non semplicemente aderente ad uno standard, ma di più, oltre ogni possibilità di perfezione. Un miraggio che le ottunderà i pensieri, che le farà perdere ogni legame affettivo. Il perfido e cinico Marras l’aiuterà nel percorso, dietro pagamento di comode rate che la mamma “superstronza” di Chiara volentieri onorerà.
Bello il testo, bella la regia con momenti davvero ipnotizzanti. Magnificamente forte la metafora della rinascita dopo l’intervento, dove una ignara Chiara strappa la placenta in cui è avvolta, fatalmente artificiale, di plastica. Bravi gli attori, sicuri nei movimenti, con tempi giusti, nessuna sbavatura. Qualche incertezza appena, durante i primi minuti, si sono lanciati a valanga subito dopo, tutti. Perfette e sincronizzate tutte le maestranze. Lo spettacolo è filato liscio trattenendo il pubblico con un ritmo recitativo sempre sostenuto. Non sono mancati momenti di ilarità, utili ad alleggerire una tematica non proprio facile.
In un rincorrersi di significato e significante, i giovani attori in scena hanno parlato in realtà dei propri genitori
Look like non racconta solo una storia di adolescenti. Anzi, molto probabilmente gli adolescenti sono solo la parte periferica di tutta la vicenda. In un rincorrersi di significato e significante, i giovani attori in scena hanno parlato in realtà dei propri genitori, dell’inadeguatezza di un mondo adulto che si riproduce troppo spesso perché quasi ignaro del potere biologico insito in due corpi che fanno sesso per puro piacere. La madre di Chiara, “superstronza” come viene definita dalla figlia, approva in toto le velleità chirurgiche della ragazza, andando a negare definitivamente la saggezza popolare secondo la quale, come si dice a Napoli, ma immagino in altri dialetti in tutta Italia, “ogni scarrafone è bell’a mamma soja”, un dogma che ha protetto per secoli, un meme culturale che ha garantito a tanti una crescita sana, all’interno di un ambiente protetto. Chiara è sola, troppo spesso in compagnia della carta di credito dei genitori. Chiara chiede aiuto, vuole che qualcuno si accorga di lei. Ma se la sua esistenza è di fatto negata da chi l’ha generata, come sarà possibile per gli altri riuscire a vederla?
Straziante, emozionante e prova di grande bravura la scena conclusiva durante la quale, Chiara completamente sopraffatta dalla solitudine emotiva, urla al mondo il suo dolore, cercando di riavvolgersi in una placenta oramai vecchia ed incapace di nutrirla.
Un mio personale applauso va a: Francesco Ferrara, Chiara Celotto, Rosita Chiodaro, Salvatore Cutrì, Simone Mazzella, Manuel Severino.
Abbiamo visto “Look like” al Piccolo Bellini di Napoli
Si ringrazia l’Ufficio Stampa
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